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Il Diario di Giorgio De Giorgi
Caro diario,
Oggi il mistero del Beato Cherubino Testa ha preso una piega ancora più inquietante. Gli eventi delle ultime ore sembrano intrecciarsi in un disegno più grande, e ogni nuova scoperta aggiunge strati di complessità. Con Joel al mio fianco, ho esplorato connessioni tra il passato e il presente che mai avrei immaginato.
La mattina è iniziata con un incontro con Casale e Don Alberto. Avevamo bisogno di mettere insieme tutto ciò che era stato scoperto finora. Casale, con la sua solita praticità, ha steso una mappa della chiesa e delle aree circostanti, segnando ogni punto rilevante: la stanza segreta, il tunnel, la cantina e la grotta.
“Qualcuno sta cercando qualcosa,” ha detto, indicando i luoghi sulla mappa. “Ma non è ancora chiaro cosa.”
“Non è solo il rimedio,” ha aggiunto Joel. “Se fosse stato quello, l’avrebbero preso dalla scatola di metallo. Dev’essere qualcosa di più.”
Mentre discutevamo, Don Alberto ha tirato fuori un vecchio diario appartenuto a un parroco del XVII secolo. Era stato ritrovato nella sacrestia durante le prime ricerche, ma fino ad allora non avevamo avuto tempo di esaminarlo a fondo. Sfogliando le pagine, mi sono imbattuto in un passo particolare.
“Il rimedio è stato nascosto, ma la vera chiave è ancora nelle mani del custode. Solo chi conosce il segreto del cerchio può accedere al dono completo.”
“Il cerchio,” ho mormorato, osservando Joel.
“È il simbolo che abbiamo visto ovunque,” ha detto Joel, il tono più serio del solito. “Ma cosa significa «dono completo»?”
Abbiamo deciso di tornare nella stanza segreta sotto l’altare. C’era qualcosa lì che continuava a sfuggirci, e non potevamo permettere che un dettaglio importante ci passasse sotto il naso. Con l’aiuto di una torcia, abbiamo esaminato ogni centimetro della stanza.
Mentre Joel ispezionava il piedistallo centrale, io mi sono concentrato sulle pareti. Dopo un po’, ho notato una serie di segni incisi nella pietra, simili a rune, che formavano un cerchio incompleto. Sembravano essere stati cancellati intenzional-mente, come se qualcuno avesse cercato di nascondere il loro significato.
“Joel, guarda qui,” ho detto, indicando i segni.
Joel si è avvicinato e ha osservato attentamente.
“È un sigillo,” ha detto dopo qualche istante. “Un antico simbolo di protezione. Era stato posto qui per impedire a chiunque di accedere al vero segreto senza la chiave giusta.”
“Ma chi avrebbe potuto cancellarlo?” ho chiesto.
“Qualcuno che sapeva esattamente cosa stesse facendo,” ha risposto Joel. “E che probabilmente sta cercando il resto del cerchio.”
Abbiamo deciso di seguire il tunnel ancora una volta, nella speranza di trovare altri indizi. Questa volta, abbiamo esplorato più a fondo, superando il punto in cui avevamo trovato il sarcofago. Dopo quasi un’ora di cammino, siamo emersi in una seconda grotta, più piccola ma altrettanto misteriosa.
Al centro della grotta c’era un altro piedistallo, simile a quello della stanza segreta, ma questo era ricoperto di muschio e incrostazioni. Sulla sua superficie, però, c’era qualcosa di diverso: un incisione che mostrava il cerchio completo, con un piccolo foro al centro.
“Questo è il fulcro,” ha detto Joel, osservando l’incisione. “Ma manca qualcosa. Qualcosa che deve essere inserito qui per attivare il meccanismo.”
“Cosa potrebbe essere?” ho chiesto.
“Un oggetto simbolico,” ha risposto Joel. “Forse una chiave, o un artefatto legato al Beato Cherubino.”
Mentre riflettevamo, il suono di passi ci ha interrotti. Ci siamo voltati di scatto, illuminando il tunnel con le torce. Una figura si è avvicinata, avvolta in un mantello scuro che mascherava il volto.
“Chi siete?” ho chiesto, il cuore che batteva all’impazzata.
La figura non ha risposto subito. Poi, con una voce bassa e rauca, ha detto:
“Non potete fermare ciò che è stato iniziato. Il rimedio non è vostro.”
Prima che potessimo fare altro, la figura è scomparsa nel buio.
Quando siamo tornati alla chiesa, Casale era già lì ad aspettarci. Gli abbiamo raccontato tutto, inclusa la figura misteriosa.
“Dobbiamo agire in fretta,” ha detto. “Se c’è qualcuno che conosce questi segreti, potrebbe essere già vicino a svelarli.”
Abbiamo scoperto il cerchio completo, ma ancora non sappiamo cosa significhi davvero. E la figura nel tunnel… chiunque fosse, rappresenta una minaccia che non possiamo ignorare.
Non riesco a smettere di pensare al cerchio, al sigillo e al “dono completo.” La verità è vicina, ma sento che porterà con sé conseguenze che non possiamo prevedere.


Caro diario,
Il mistero del Beato Cherubino Testa ha raggiunto oggi un punto di svolta che non avrei mai immaginato. Quello che abbiamo scoperto ha aggiunto una nuova dimensione al caso, che va oltre la fede, la scienza e il semplice furto del sarcofago.
La mattina è iniziata con una chiamata di Casale. “Giorgio, c’è un problema,” ha detto. “Devi venire subito alla chiesa.”
Non ho perso tempo. Quando sono arrivato, ho trovato Casale e Don Alberto davanti all’altare, con volti preoccupati. Qualcuno aveva cercato di entrare di nuovo nella stanza segreta sotto l’altare durante la notte.
“La botola era socchiusa,” ha detto Casale, indicando il pavimento. “Non c’erano segni di scasso, ma qualcuno è sicuramente stato qui.”
Ho esaminato la botola e ho notato che la polvere attorno al bordo era stata disturbata, segno evidente che qualcuno l’aveva aperta. Ma cosa cercava? Il “rimedio” era ancora al sicuro, conservato nella scatola di metallo che avevamo lasciato nella sacrestia, e i libri e manoscritti che avevamo trovato erano nelle mani di Don Alberto.
“Chiunque sia stato, sapeva cosa cercare,” ho detto, scambiando uno sguardo con Joel, che era arrivato poco dopo. “E probabilmente tornerà.”
Joel ha annuito.
“Dobbiamo agire in fretta. Se questa persona volesse il «rimedio» o qualcosa di nascosto nella stanza, potrebbe essere disposta a tutto per ottenerlo.”
Abbiamo deciso di ispezionare nuovamente la stanza segreta sotto l’altare. Mentre esaminavo attentamente le pareti, ho notato una piccola incisione vicino al piedistallo centrale, una scritta in latino che non avevo visto prima.
“In manus vitae et mortis.”
“Nelle mani della vita e della morte,” ha tradotto Joel, osservando la scritta con attenzione.
“Cosa potrebbe significare?” ho chiesto.
Joel ha riflettuto per un momento.
“Potrebbe essere un avvertimento. Il rimedio che il Beato Cherubino custodiva non era solo un antidoto. Era qualcosa di più grande, qualcosa che potrebbe essere usato per fare del bene o del male.”
Questa rivelazione mi ha lasciato inquieto. Se il rimedio è così potente, chiunque lo sta cercando potrebbe rappresentare una seria minaccia.
Nel pomeriggio, abbiamo deciso di seguire il tunnel che conduceva alla cantina dove avevamo trovato il sarcofago. Questa volta, però, ci siamo concentrati su ciò che poteva esserci oltre. Alla fine del tunnel, Joel ha notato un’altra porta nascosta, simile a quella trovata nel campanile.
Quando l’abbiamo aperta, ci siamo trovati in un altro passaggio che sembrava condurre fuori dalla città. Il passaggio era stretto e buio, e l’aria era pesante e stagnante. Dopo circa venti minuti di cammino, siamo emersi in una grotta naturale sulle colline intorno ad Avigliana.
La grotta era spoglia, ma al centro c’era un altare di pietra, coperto di muschio e segni di usura. Sulla superficie dell’altare c’era un simbolo inciso: il cerchio con la croce al centro, lo stesso che avevamo visto più volte durante questa indagine.
Joel ha osservato il simbolo con attenzione.
“Questo luogo potrebbe essere stato un santuario,” ha detto. “Un luogo in cui il rimedio veniva custodito o usato in tempi di disperazione.”
Mentre esploravamo la grotta, ho trovato un piccolo scrigno nascosto tra le rocce. Quando l’ho aperto, ho trovato un altro documento antico, scritto in italiano arcaico. Il documento parlava del “patto del custode,” un giuramento fatto per proteggere il rimedio e usarlo solo in caso di estrema necessità.
“Il custode non deve mai cedere alla tentazione,” recitava il testo. “Il rimedio è vita, ma è anche morte.”
Le parole erano chiare, ma lasciavano spazio a una domanda inquietante: chi era il custode adesso? E se il rimedio fosse finito nelle mani sbagliate, cosa sarebbe accaduto?
Mentre tornavamo alla chiesa, non potevo fare a meno di pensare che qualcuno là fuori conoscesse questi segreti e fosse determinato a usarli per i propri scopi. Ma chi? E perché adesso?
La giornata si è conclusa con più dubbi che certezze. Abbiamo scoperto un nuovo tassello del mistero, ma il quadro generale è ancora lontano dall’essere completo.
Non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione che qualcosa di grosso stia per accadere. E so che il tempo per agire si sta esaurendo.
Caro diario,
Dopo aver recuperato l’urna e riportato il “rimedio” in chiesa, il parroco ha insistito per celebrare un piccolo momento di preghiera come ringraziamento. L’urna era stata momentaneamente traslata nella sacrestia.
Dopo la cerimonia, Joel ed io abbiamo deciso di tornare alla stanza segreta sotto l’altare. Nonostante avessimo trovato il “rimedio” e l’urna, sentivo che c’era ancora qualcosa che ci sfuggiva. Quelle impronte nel tunnel, quel simbolo inciso ovunque… tutto indicava che qualcuno conosceva il segreto del rimedio e lo stava cercando per uno scopo preciso.
Abbiamo passato ore a esaminare ogni dettaglio della stanza. Joel era insolitamente silenzioso, il suo sguardo concentrato sui documenti e sugli oggetti che avevamo trovato il giorno prima. Tra i vari appunti, ho notato qualcosa che mi era sfuggito in precedenza: un piccolo frammento di carta, nascosto sotto il piedistallo.
L’ho estratto con attenzione. Era una mappa rudimentale, disegnata a mano, che mostrava la chiesa di San Giovanni e i dintorni. Ma ciò che mi ha colpito è stato un piccolo simbolo inciso vicino al campanile.
“Guarda questo,” ho detto a Joel, mostrandogli la mappa.
Lui ha osservato il simbolo con attenzione.
“È lo stesso simbolo,” ha detto. “Potrebbe esserci un altro passaggio segreto.”
Abbiamo deciso di esplorare il campanile. Era un luogo che avevamo già visitato, ma ora sapevamo cosa cercare. Con l’aiuto di una torcia, ho esaminato attentamente le pareti, cercando segni di un meccanismo nascosto. Alla fine, Joel ha notato una piccola rientranza nel muro, appena visibile sotto uno strato di polvere.
Quando l’abbiamo premuta, una parte della parete si è spostata lentamente, rivelando un’apertura che conduceva a una scala stretta e ripida. L’aria era fredda e umida, e l’oscurità sembrava avvolgerci mentre scendevamo.
Alla base della scala, ci siamo trovati in una stanza circolare, molto più grande di quella sotto l’altare. Al centro c’era un altro piedistallo, ma questa volta non c’era nulla sopra di esso. Intorno alla stanza c’erano scaffali pieni di libri e manoscritti, molti dei quali sembravano risalire al XVII secolo.
“Che cos’è questo posto?” ho chiesto, meravigliato.
“Un archivio,” ha risposto Joel. “Probabilmente creato per custodire il lavoro del Beato Cherubino e dei suoi collaboratori durante la peste.”
Mentre esploravamo la stanza, ho trovato un libro particolarmente interessante. Era scritto in latino e sembrava essere un diario personale del Beato Cherubino. Le sue pagine erano piene di riflessioni sulla fede, sulla scienza e sulla lotta contro la peste. Ma ciò che mi ha colpito di più è stato un passaggio in cui descriveva il “rimedio.”
“Il rimedio non è solo un trattamento per il corpo, ma un dono per l’anima. Deve essere usato con saggezza, solo nei momenti di disperazione più profonda. Ma temo che il suo potere possa essere frainteso e abusato.”
Le parole del Beato Cherubino erano chiare. Il “rimedio” era qualcosa di più di un semplice antidoto. Era un simbolo di speranza, ma anche un oggetto pericoloso se finito nelle mani sbagliate.
Mentre leggevo, Joel ha trovato un altro documento, questa volta scritto in italiano antico. Era una lettera indirizzata a un confratello, in cui il Beato Cherubino parlava della necessità di nascondere il “rimedio” e di proteggerlo a tutti i costi.
“Questa stanza era il cuore del suo lavoro,” ha detto Joel. “Ma chiunque abbia spostato il sarcofago sapeva esattamente cosa cercare. E sapeva come trovarlo.”
Nel tardo pomeriggio, abbiamo lasciato la stanza segreta e abbiamo riportato i libri più importanti a Don Alberto. Lui era incredulo davanti alla quantità di storia e conoscenza che avevamo scoperto.
“Questo cambia tutto,” ha detto, sfogliando con attenzione uno dei manoscritti. “Il Beato Cherubino non era solo un uomo di fede. Era un uomo di scienza. E questo ‘rimedio’… potrebbe essere qualcosa che non abbiamo mai visto prima.”
La giornata si è conclusa con molte riflessioni. Abbiamo recuperato il sarcofago e scoperto segreti nascosti per secoli, ma c’è ancora qualcuno là fuori che li conosce e che potrebbe volerli usare.
Non posso fare a meno di chiedermi cosa accadrà ora. Il mistero sembra risolto, ma la sensazione di una minaccia incombente non mi abbandona. E so che la storia del Beato Cherubino Testa potrebbe essere solo l’inizio di qualcosa di molto più grande.

Caro diario,
Questa mattina siamo arrivati in San Giovanni insieme a Casale. Aveva il volto teso, ma c’era anche un barlume di curiosità nei suoi occhi. Gli avevo raccontato della scoperta dello schizzo e della stanza nascosta, e lui era pronto a scoprire cosa ci fosse lì sotto.
Chiamato un gruppo di operai, abbiamo iniziato a rimuovere il pannello di legno che, con mia grande sorpresa è venuto via facilmente. Mentre i lavori proseguivano, il parroco si è unito a noi, pregando sottovoce mentre osservava gli operai al lavoro.
“Non riesco a credere che ci sia una stanza qui sotto,” ha detto, scuotendo la testa. “Sono anni che sto ad Avigliana e mai nessuno ha parlato di questo mistero.”
Tolto il pannello di legno, abbiamo finalmente scoperto un’antica botola rinforzata con metallo, coperta di polvere e segnata dal tempo. Casale ha chiesto di fare un passo indietro mentre lui e gli operai aprivano con cautela la botola. Il suono dei cardini arrugginiti che si muovevano ha riempito la chiesa, creando un’atmosfera carica di tensione.
Quando la botola si è aperta, una scala buia si è rivelata sotto di noi. L’aria che saliva era fredda e pesante, come se quel luogo non fosse stato toccato da secoli. Joel ha acceso una torcia e ha iniziato a scendere, con me e Casale subito dietro di lui.
La stanza era più grande di quanto mi aspettassi. Le pareti erano fatte di pietra grezza, e il soffitto basso dava un senso di oppressione. Al centro della stanza c’era un piedistallo di marmo, e sopra di esso c’era una piccola scatola di metallo con lo stesso simbolo inciso che avevamo trovato nella nicchia e nel campanile.
“È qui che si nasconde il vero segreto,” ha detto Joel, avvicinandosi al piedistallo.
Ho osservato la stanza con attenzione, notando che c’erano altri oggetti sparsi intorno: vecchi strumenti medici, ampolle di vetro e un libro antico con una copertina di cuoio consunto. Era come se quel luogo fosse stato usato come laboratorio o rifugio durante l’epidemia di peste.
“Che cos’è questa scatola?” ha chiesto Casale, fissandola con un misto di curiosità e timore.
Joel ha sollevato il coperchio con cautela. All’interno c’era un piccolo cilindro di vetro sigillato, contenente un liquido trasparente. Accanto ad esso, c’era un foglio di pergamena con una scritta in latino.
“‘Il rimedio,’” ha tradotto Joel, leggendo ad alta voce. “Questo deve essere il segreto che il Beato Cherubino custodiva a sua insaputa. Un trattamento, forse un antidoto, creato durante la peste. E’ indicato l’anno 1630. Il beato Cherubino all’epoca era già morto da circa quarant’anni.”
Il ritrovamento era straordinario, ma sollevava nuove domande. Perché quel luogo era stato nascosto così bene? E chi aveva spostato il sarcofago senza lasciare tracce?
Mentre esaminavamo il resto della stanza, Joel ha notato delle impronte sul pavimento polveroso, impronte recenti.
“Non siamo i primi a venire qui,” ha detto, il tono serio.
Le impronte portavano a un’altra porta nascosta sul lato opposto della stanza. Con l’aiuto di Casale, siamo riusciti ad aprirla, rivelando un passaggio che conduceva fuori dalla chiesa. Era un tunnel stretto e buio, che sbucava nelle cantine della Torre dell’Orologio.
“Ecco come hanno fatto,” ho detto, osservando il tunnel. “Hanno usato questo passaggio per portare via l’urna senza essere visti.”
Il tunnel era lungo e claustrofobico, ma lo abbiamo seguito fino alla fine, emergendo in una piccola cantina. Lì, nascosto tra vecchi mobili e detriti, c’era l’urna del beato, intatta e coperto con un drappo rosso.
“Finalmente,” ha detto Casale, tirando un sospiro di sollievo. “Lo abbiamo trovato.”
Ma la scoperta dell’urna non era la fine del mistero. Perché era stata spostata? E perché lasciare il “rimedio” nella stanza segreta?


Caro diario,
Oggi mi sono immerso ancora di più nel mistero che avvolge il Beato Cherubino Testa. Ogni dettaglio scoperto sembra portare a nuovi interrogativi. Con l’aiuto di Joel, che si è palesato come sempre come Commissario Capo, ho iniziato a intravedere un disegno più grande, qualcosa che lega il passato di Avigliana al presente attuale.
Ho ricevuto una telefonata dal parroco di San Giovanni
“Detective De Giorgi,” ha detto con voce tesa, “ho trovato qualcosa che potrebbe esservi utile. Potete venire subito?”
Non ho perso tempo. Quando sono arrivato in chiesa, il parroco mi stava aspettando davanti all’altare del beato. Mi ha accompagnato nella sacrestia. Mi ha mostrato un libro antico, con la copertina consumata dal tempo e il titolo scritto in latino.
“L’ho trovato nella sacrestia, nascosto tra alcuni testi vecchi,” ha spiegato.
Ho aperto il libro con cautela. Era un registro della chiesa risalente al XVII secolo, e nelle sue pagine erano annotate le attività dei sacerdoti durante la peste che aveva colpito Avigliana. Un passaggio in particolare ha attirato la mia attenzione:
“In questo luogo sacro, sotto la protezione del sacerdote Cherubino Testa, è custodito il rimedio. Che esso rimanga nascosto fino al giorno del bisogno.”
“Che cosa intendevano con ‘il rimedio’?” ho chiesto
“Non ne ho idea,” ha risposto. “Non ho mai sentito parlare di nulla del genere.”
Ho fotografato la pagina con il mio telefono per studiarla più tardi. Sono andato da Casale per esaminare meglio i documenti trovati ieri all’interno della nicchia. Joel mi ha raggiunto poco dopo, come sempre apparendo dal nulla con la sua solita calma.
“Interessante,” ha detto, mentre gli mostravo il registro. “Se l’urna è stata spostata, potrebbe essere legato a questo ‘rimedio’. Qualcuno potrebbe aver scoperto il segreto e averlo preso per proteggerlo o usarlo.”
“Ma come l’hanno fatto?” ho chiesto. “La grata era intatta, e non ci sono segni di intrusione.”
“Andiamo a San Giovanni. Devo controllare meglio.”
Giunti nuovamente sul posto, Joel ha osservato la nicchia con attenzione, poi ha puntato la torcia verso il fondo della cavità.
“Guarda qui,” ha detto, indicando una piccola incisione al centro della parete. Era un simbolo che sembrava simile a quelli trovati sulla scatola di legno: un cerchio con una croce al centro.
“Cosa significa?” ho chiesto.
Joel ha sorriso.
“Potrebbe essere un meccanismo. Una chiave per accedere a qualcosa di nascosto. Ma abbiamo bisogno di tempo per capirlo.”
Abbiamo deciso di esplorare altre parti della chiesa alla ricerca di indizi. Il parroco ci ha dato accesso al campanile, un luogo che raramente viene visitato. Lì, tra le travi polverose e le corde delle campane, abbiamo trovato un’altra incisione identica.
“Qualcuno ha lasciato questi simboli come tracce,” ha detto Joel. “Ma per cosa?”
Nel pomeriggio, abbiamo deciso di visitare l’archivio storico di Avigliana per cercare ulteriori informazioni sul Beato Cherubino e sul periodo della peste. Lì, tra vecchi manoscritti e documenti ingialliti, abbiamo trovato una lettera scritta da un sacerdote dell’epoca.
“Il novello sacerdote Cherubino Testa è il custode di un dono divino, un rimedio per i tempi di grande disperazione. Che nessuno osi violare il suo riposo, se non per necessità assoluta.”
La lettera confermava ciò che avevamo già intuito: l’urna del Beato Cherubino non era solo un simbolo religioso. Era legato a qualcosa di più grande, qualcosa che qualcuno aveva scoperto e deciso di nascondere.
“Se l’urna è stata presa, significa che chiunque l’abbia fatto crede che il tempo del bisogno sia arrivato,” ha detto Joel, il volto serio.
Questo caso non è solo un mistero da risolvere. E’ qualcosa che riguardava l’intera comunità di Avigliana, e forse anche oltre.
Quando siamo arrivati, il parroco ci ha accolto con una nuova scoperta.
“Ho trovato una vecchia immagine della chiesa,” ha detto, porgendoci un foglio fragile e scolorito. Mostrava una pianta della chiesa con una stanza segreta proprio sotto l’altare del beato, una stanza che non risultava in nessun altro documento.
“Potrebbe essere lì,” ho detto.
“Difficile da dimostrare. Ci penseremo domani.” Ha concluso Joel.
Caro diario,
Ero immerso a sfogliare le pagine dell’altro “diario”, contemplando le immagini apparse ogni giorno per documentare tutte le avventure che ho vissuto fino a questo momento, quando una telefonata mi ha riportato alla realtà.
Era il maggiore Casale. Il suo tono di voce era teso.
“Giorgio, ho bisogno che tu venga subito alla chiesa di San Giovanni. È successo qualcosa di... inspiegabile.”
Non era una parola che Casale usava spesso, e solo quel termine era sufficiente per farmi vestire in fretta e correre nel centro storico. Quando sono arrivato nella piazzetta, un piccolo gruppo di persone era davanti alla chiesa, e l’espressione sui loro volti evidenziavano l’incredulità.
Casale mi stava aspettando all’ingresso. Non ha perso tempo con i convenevoli.
“Seguimi,” ha detto, conducendomi all’interno.
Siamo arrivanti davanti alla cappella dedicata al Beato Cherubino Testa. Apparentemente tutto sembrava normale ma Casale mi ha fatto notare che, oltre la grata di protezione, l’urna di vetro contenente le spoglie del beato era scomparsa.
“E’ sparita,” ha detto Casale, con una nota di frustrazione nella voce. “Ma guarda questo.”
Mi ha indicato la grata di. Era perfettamente al suo posto, chiusa e intatta, come se nessuno l’avesse mai toccata.
“E il sistema di allarme?” ho chiesto.
“Non ha funzionato,” ha risposto Casale. “Abbiamo controllato tutto. Nessuna manomissione, nessun segno di intrusione.”
Ho osservato la nicchia con attenzione, cercando qualsiasi indizio che potesse spiegare come un’urna di vetro, pesante e ingombrante, potesse sparire senza lasciare traccia. Ma non c’era nulla.
“Questo non ha senso,” ho detto, scuotendo la testa.
“Per questo ti ho chiamato,” ha detto Casale. “Se c’è qualcuno che può risolvere questo mistero, sei tu.”
Ho passato il resto della giornata a esaminare ogni dettaglio della nicchia e dell’altare. Ho notato che la base dell’altare sembrava leggermente diversa dal resto: una piccola crepa lungo un lato suggeriva che potesse esserci qualcosa nascosto al suo interno.
“Serve un permesso dalla Sopraintendenza ai Beni Culturali per smontare l’altare,” ha detto Casale, quando gli ho indicato la crepa.
“Non possiamo aspettare,” ho risposto. “Ogni minuto che perdiamo potrebbe essere cruciale.”
Casale, riluttante, ha acconsentito. Con l’aiuto di alcuni operai, abbiamo sollevato la lastra di marmo che copriva la base dell’altare. Sotto di essa, nella nicchia che custodiva il corpo del beato, si vedeva un pannello di legno non perfettamente allineato con il muro. Devo dire che San Giovanni è piena di misteri. Se non ricordi male ci siamo già stati a gennaio per un altro caso. Ho illuminato l’interno con una torcia, e ciò che ho visto mi ha lasciato senza fiato: l’intera cavità era vuota ma in un lato, ben nascosta, c’era una piccola scatola di legno intagliata, con simboli che sembravano risalire al XVII secolo.
“Cos’è questo?” ha chiesto Casale, avvicinandosi.
L’ho presa con cautela, notando che era sigillata. Quando l’ho aperta, all’interno c’erano documenti antichi, scritti con una calligrafia elaborata. Erano pieni di riferimenti alla peste che aveva colpito Avigliana nel 1630 e a un misterioso “rimedio” custodito segretamente dai frati agostiniani.
“La peste,” ho mormorato, sfogliando i documenti. “Il Beato Cherubino non era solo venerato per la sua santità. Era custode di un segreto legato alla peste.”
Casale mi ha guardato con aria interrogativa. “Un segreto che qualcuno potrebbe aver scoperto e voluto proteggere o rubare?”
“Esatto,” ho risposto. “Ma chi? E come hanno fatto a far sparire l’urna senza lasciare traccia?”


Caro diario,
Il tempo sta per scadere: ogni indizio trovato, ogni teoria formulata punta verso una conclusione inevitabile, ma ci manca ancora un tassello fondamentale. Chi ha scritto il diario? E’ stata veramente Viola?
Joel ed io abbiamo deciso di tornare nell’appartamento di Anders per un’ultima ispezione. Era un luogo che conoscevamo bene ormai, ma c’era sempre la sensazione che qualcosa ci fosse sfuggito. E avevamo ragione.
Mentre osservavo il pavimento dove era stato trovato il diario, il mio sguardo si è soffermato su una piccola incisione sulla superficie del legno, qualcosa che prima non avevo notato. Era un simbolo: un cerchio con una piuma stilizzata al centro. L’ho indicato a Joel, che si è avvicinato per esaminarlo.
“È lo stesso simbolo che abbiamo visto nei quaderni di Viola,” ha detto. “Questo significa che Anders non era solo vittima. Era coinvolto, in qualche modo.”
Abbiamo cercato altre tracce nell’appartamento e, nascosto dietro un quadro, abbiamo trovato un piccolo cassetto segreto. Dentro c’erano una piuma, simile a quella che Viola aveva usato nei suoi esperimenti, e un’altra lettera sigillata con ceralacca.
La lettera era indirizzata a “V,” ma questa volta non era stata scritta da Viola. Era di Anders.
“Viola, ho cercato di proteggere le tue scoperte, ma temo che sia troppo tardi. Qualcuno ha scoperto ciò che abbiamo fatto, e ora vuole usarlo per il proprio tornaconto. Ho scritto il mio diario per lasciare un ultimo avvertimento, ma non so se sarà sufficiente. Se stai leggendo questa lettera, sappi che non ti ho mai perdonata per avermi trascinato in tutto questo. Ma ti ho sempre amato.”
Le parole di Anders erano cariche di dolore e rimpianto, ma rivelavano una verità innegabile: era stato lui stesso a scrivere il diario. Ma non con la sua mano. Aveva usato la piuma, lo strumento creato da Viola, per registrare il proprio destino, consapevole che qualcuno stava cercando di eliminarlo.
“Ha usato la scrittura per cercare di salvarsi,” ho detto, la voce spezzata. “Ma invece ha creato il proprio destino.” Joel ha annuito.
“È il paradosso della scrittura,” ha detto. “Scrivere la propria storia significa accettare il rischio di diventarne prigioniero.”
Con questa scoperta, il caso era risolto. Anders era stato vittima di un sistema che lui stesso aveva contribuito a creare, e Viola, sebbene morta da anni, aveva continuato ad influenzare gli eventi… fino alla sua tragica fine. Mentre lasciavamo l’appartamento, una domanda mi tormentava ancora: chi aveva scoperto il lavoro di Viola? Chi aveva spinto Anders a scrivere il diario? Joel, come sempre, sembrava avere una risposta, ma non era ancora pronto a condividerla.
“Non tutte le verità sono necessarie, Giorgio,” ha detto, con il suo solito tono. “Ma penso tu possa capire che nessuno ha scoperto il lavoro di Viola. E’ stata semplicemente lei che si è palesata dal passato al presente di suo marito e lo ha spinto a scrivere la sua condanna a morte. È ora di tornare al tuo presente.” ha detto Joel.
“Prima di andare,” ho detto, guardandolo negli occhi, “voglio sapere una cosa. Hai promesso di fare di tutto perché Lucrezia possa tornare nella mia vita. Era una promessa vera?”
Joel ha sorriso, ma questa volta c’era una nota di sincerità nel suo sguardo.
“Sì, Giorgio,” ha detto. “Il diario ha voluto che tu affrontassi questo caso per farti capire quanto sia pericoloso intervenire sugli eventi se si agisce non con la buona fede. Lucrezia non è scomparsa dalla tua vita. È ancora lì, anche se non lo sa. Ma il resto dipenderà da te. Devi finire il tuo lavoro, portare a termine la tua missione. Solo allora potrai reclamare ciò che hai lasciato andare.”
Le sue parole mi hanno dato una speranza che non provavo da giorni. Non so cosa succederà, ma almeno ho qualcosa a cui aggrapparmi. Questo caso mi ha insegnato che la scrittura, come la vita, è una responsabilità. Ogni parola conta, ogni decisione lascia un segno. Un giorno, forse, potrò riprendere il capitolo con Lucrezia, questa volta senza bugie, senza segreti. Fino ad allora, continuerò ad affrontare ogni missione con la consapevolezza che, passo dopo passo, mi avvicinerò alla fine del 2025. E oltre quella fine, chissà cosa mi aspetta.
Caro diario,
La lettera trovata ieri è stata un punto di svolta. Le parole scritte e la firma “V” ci hanno dato una direzione, ma nulla di più. Chi è “V”? E cosa intende con “il tempo è arrivato” e “il destino scritto”?
Siamo tornati all’università per incontrare di nuovo Ingrid Larsen. Se c’era qualcuno che poteva aiutarci a decifrare il significato della lettera, era lei. Ingrid ci ha ricevuti nel suo ufficio, un luogo accogliente pieno di libri e documenti.
Quando le abbiamo mostrato la lettera, il suo viso si è scurito.
“Non è possibile,” ha detto, scuotendo la testa.
“Cosa intende?” le ho chiesto.
“Questa grafia… somiglia incredibilmente a quella di Viola Halvorsen, la moglie di Anders. Ma lei è morta da cinque anni. Non può essere stata lei a scriverla.”
Le sue parole mi hanno rabbrividito… Viola… Perché questo nome? Perché proprio adesso? Joel, mi ha posato una mano sulla spalla e ha proseguito nel dialogo con la professoressa.
“Ingrid, c’è qualcosa che dovremmo sapere su Viola? Qualcosa che potrebbe collegarla a questo caso?”
Ingrid ha esitato per un momento, poi ha parlato. “Viola era una donna brillante, ma aveva un lato oscuro. Il giorno prima della sua morte, esattamente il 31 gennaio, stava lavorando a un progetto segreto. Non sapevo molto, ma sembrava ossessionata da qualcosa. Anders diceva che stava cercando di decifrare un codice legato a un antico manoscritto.”
“Un codice?” ho chiesto, sentendo un’ondata di curiosità.
“Sì,” ha detto Ingrid. “Era qualcosa che riguardava il destino e il libero arbitrio. Era convinta che ci fosse una connessione tra ciò che scriviamo e ciò che accade.”
Le sue parole mi hanno lasciato perplesso. Poteva essere che Viola avesse scoperto un modo per influenzare gli eventi attraverso la scrittura? E se fosse così, poteva spiegare il diario che raccontava la morte di Anders? E se Viola è la stessa che ho conosciuto io?
Prima di lasciare l’università, Ingrid ci ha consegnato una copia di uno degli ultimi articoli accademici di Viola. Era intitolato: “Il paradosso della scrittura: quando le parole determinano la realtà.”
Mentre Joel ed io leggevamo l’articolo, ho iniziato a vedere una connessione. Viola credeva che scrivere un evento con sufficiente dettaglio e convinzione potesse renderlo reale. Era solo una teoria accademica, ma se qualcuno avesse trovato un modo per applicarla nella realtà?
“Questo cambia tutto,” ho detto a Joel.
“Non ancora,” ha risposto. “Abbiamo bisogno di più prove. E soprattutto, dobbiamo scoprire chi ha scritto quel diario.”
Il pomeriggio è stato dedicato a rintracciare altre persone vicine a Viola. Con l’aiuto di Ingrid, abbiamo trovato un vecchio collega, un uomo di nome Henrik Johansen. Henrik viveva in una casa modesta alla periferia di Oslo e sembrava sorpreso di vederci.
“Viola Halvorsen? Non sento quel nome da anni,” ha detto, invitandoci a entrare.
Quando gli abbiamo parlato del diario e della lettera, il suo viso è diventato serio.
“Viola era una donna straordinaria,” ha detto. “Ma il suo lavoro era pericoloso. Credeva che le parole potessero cambiare il corso degli eventi. Io non ci ho mai creduto, ma lei era convinta. Mi disse che stava scrivendo qualcosa di grande, qualcosa che avrebbe cambiato tutto. Mi disse che aveva scoperto un diario particolare…”
“Sa se ha mai completato quel lavoro?” ho chiesto.
Henrik ha scosso la testa.
“Non lo so. Dopo la sua morte, tutti i suoi documenti sono spariti. Anders mi disse che voleva bruciarli per proteggere la sua memoria.”
Joel ed io ci siamo scambiati uno sguardo. Se Anders avesse davvero distrutto quei documenti, allora perché qualcuno sembrava aver usato le teorie di Viola contro di lui?
Prima di andarcene, Henrik ci ha dato un altro indizio cruciale.
“C’era un luogo che Viola amava,” ha detto. “Una piccola baita nelle montagne vicino a Oslo. Diceva che era lì che trovava ispirazione per il suo lavoro. Forse troverete qualcosa.”
La baita era un luogo remoto, circondato da foreste e immerso in un silenzio quasi inquietante. Quando siamo arrivati, il sole stava tramontando, gettando lunghe ombre tra gli alberi. La porta era chiusa, ma Joel è riuscito ad aprirla con facilità.
“La fortuna di vivere in un diario.” Ha semplicemente detto mentre mi invitava ad entrare.
All’interno, la stanza era piena di quaderni, appunti e pagine sparse ovunque. Sembrava che Viola avesse lavorato febbrilmente fino all’ultimo momento. Sul tavolo c’era un quaderno aperto, con una frase che mi ha fatto rabbrividire:
“Un tuffo nel passato, migliora la vita! La realtà è scritta. Ma chi tiene la piuma?”
Mentre osservavo quella frase, ho sentito un’ondata di inquietudine. Questo caso non riguardava solo Anders e Viola. Riguardava qualcosa di molto più grande, qualcosa che sfidava la comprensione stessa della realtà. Quella frase mi ha riportato indietro al giorno che ho deciso di acquistare il diario… proprio la prima parte della frase mi aveva invogliato a fare l’acquisto. Sento che stiamo per scoprire qualcosa di straordinario. Ma la verità, qualunque essa sia, potrebbe cambiare tutto. E non sono sicuro di essere pronto.


21 aprile 2025
Caro diario,
La lettera trovata ieri è stata un punto di svolta. Le parole scritte e la firma “V” ci hanno dato una direzione, ma nulla di più. Chi è “V”? E cosa intende con “il tempo è arrivato” e “il destino scritto”?
Siamo tornati all’università per incontrare di nuovo Ingrid Larsen. Se c’era qualcuno che poteva aiutarci a decifrare il significato della lettera, era lei. Ingrid ci ha ricevuti nel suo ufficio, un luogo accogliente pieno di libri e documenti.
Quando le abbiamo mostrato la lettera, il suo viso si è scurito.
“Non è possibile,” ha detto, scuotendo la testa.
“Cosa intende?” le ho chiesto.
“Questa grafia… somiglia incredibilmente a quella di Viola Halvorsen, la moglie di Anders. Ma lei è morta da cinque anni. Non può essere stata lei a scriverla.”
Le sue parole mi hanno rabbrividito… Viola… Perché questo nome? Perché proprio adesso? Joel, mi ha posato una mano sulla spalla e ha proseguito nel dialogo con la professoressa.
“Ingrid, c’è qualcosa che dovremmo sapere su Viola? Qualcosa che potrebbe collegarla a questo caso?”
Ingrid ha esitato per un momento, poi ha parlato. “Viola era una donna brillante, ma aveva un lato oscuro. Il giorno prima della sua morte, esattamente il 31 gennaio, stava lavorando a un progetto segreto. Non sapevo molto, ma sembrava ossessionata da qualcosa. Anders diceva che stava cercando di decifrare un codice legato a un antico manoscritto.”
“Un codice?” ho chiesto, sentendo un’ondata di curiosità.
“Sì,” ha detto Ingrid. “Era qualcosa che riguardava il destino e il libero arbitrio. Era convinta che ci fosse una connessione tra ciò che scriviamo e ciò che accade.”
Le sue parole mi hanno lasciato perplesso. Poteva essere che Viola avesse scoperto un modo per influenzare gli eventi attraverso la scrittura? E se fosse così, poteva spiegare il diario che raccontava la morte di Anders? E se Viola è la stessa che ho conosciuto io?
Prima di lasciare l’università, Ingrid ci ha consegnato una copia di uno degli ultimi articoli accademici di Viola. Era intitolato: “Il paradosso della scrittura: quando le parole determinano la realtà.”
Mentre Joel ed io leggevamo l’articolo, ho iniziato a vedere una connessione. Viola credeva che scrivere un evento con sufficiente dettaglio e convinzione potesse renderlo reale. Era solo una teoria accademica, ma se qualcuno avesse trovato un modo per applicarla nella realtà?
“Questo cambia tutto,” ho detto a Joel.
“Non ancora,” ha risposto. “Abbiamo bisogno di più prove. E soprattutto, dobbiamo scoprire chi ha scritto quel diario.”
Il pomeriggio è stato dedicato a rintracciare altre persone vicine a Viola. Con l’aiuto di Ingrid, abbiamo trovato un vecchio collega, un uomo di nome Henrik Johansen. Henrik viveva in una casa modesta alla periferia di Oslo e sembrava sorpreso di vederci.
“Viola Halvorsen? Non sento quel nome da anni,” ha detto, invitandoci a entrare.
Quando gli abbiamo parlato del diario e della lettera, il suo viso è diventato serio.
“Viola era una donna straordinaria,” ha detto. “Ma il suo lavoro era pericoloso. Credeva che le parole potessero cambiare il corso degli eventi. Io non ci ho mai creduto, ma lei era convinta. Mi disse che stava scrivendo qualcosa di grande, qualcosa che avrebbe cambiato tutto. Mi disse che aveva scoperto un diario particolare…”
“Sa se ha mai completato quel lavoro?” ho chiesto.
Henrik ha scosso la testa.
“Non lo so. Dopo la sua morte, tutti i suoi documenti sono spariti. Anders mi disse che voleva bruciarli per proteggere la sua memoria.”
Joel ed io ci siamo scambiati uno sguardo. Se Anders avesse davvero distrutto quei documenti, allora perché qualcuno sembrava aver usato le teorie di Viola contro di lui?
Prima di andarcene, Henrik ci ha dato un altro indizio cruciale.
“C’era un luogo che Viola amava,” ha detto. “Una piccola baita nelle montagne vicino a Oslo. Diceva che era lì che trovava ispirazione per il suo lavoro. Forse troverete qualcosa.”
La baita era un luogo remoto, circondato da foreste e immerso in un silenzio quasi inquietante. Quando siamo arrivati, il sole stava tramontando, gettando lunghe ombre tra gli alberi. La porta era chiusa, ma Joel è riuscito ad aprirla con facilità.
“La fortuna di vivere in un diario.” Ha semplicemente detto mentre mi invitava ad entrare.
All’interno, la stanza era piena di quaderni, appunti e pagine sparse ovunque. Sembrava che Viola avesse lavorato febbrilmente fino all’ultimo momento. Sul tavolo c’era un quaderno aperto, con una frase che mi ha fatto rabbrividire:
“Un tuffo nel passato, migliora la vita! La realtà è scritta. Ma chi tiene la piuma?”
Mentre osservavo quella frase, ho sentito un’ondata di inquietudine. Questo caso non riguardava solo Anders e Viola. Riguardava qualcosa di molto più grande, qualcosa che sfidava la comprensione stessa della realtà. Quella frase mi ha riportato indietro al giorno che ho deciso di acquistare il diario… proprio la prima parte della frase mi aveva invogliato a fare l’acquisto. Sento che stiamo per scoprire qualcosa di straordinario. Ma la verità, qualunque essa sia, potrebbe cambiare tutto. E non sono sicuro di essere pronto.
Caro diario,
Ogni passo che facciamo sembra portarci più vicini alla verità, ma al tempo stesso ci lascia con più domande che risposte.
La mattina è iniziata presto. Joel ed io ci siamo ritrovati davanti alla scena del crimine per un’ulteriore ispezione. Non potevo smettere di pensare a quello che Ingrid Larsen ci aveva detto il giorno prima: la grafia del diario somigliava a quella della moglie di Anders Halvorsen, una donna morta cinque anni prima.
Mentre osservavo la stanza, il mio sguardo è tornato al diario. Quelle parole erano troppo dettagliate, troppo precise per essere solo una coincidenza. Ma come poteva qualcuno conoscere con tale accuratezza gli ultimi momenti di vita di Halvorsen?
“Hai notato qualcosa di nuovo?” ha chiesto Joel.
Ho scosso la testa.
“No, ma non riesco a togliermi dalla mente la moglie di Halvorsen. Se la grafia somiglia alla sua, potrebbe esserci una connessione. Forse qualcuno ha usato vecchi scritti di lei per falsificare il diario?”
Joel ha riflettuto per un momento.
“È possibile, ma c’è qualcosa che non mi convince. Se fosse un falso, perché creare un diario così dettagliato? Qual è il vero scopo?”
Sapevo che dovevamo scavare più a fondo, e così abbiamo deciso di parlare con il vicino di casa di Halvorsen, un uomo di nome Erik Madsen, che aveva chiamato la polizia dopo aver trovato il corpo.
Erik ci ha accolti nel suo appartamento, un luogo semplice e ordinato che rifletteva la personalità di un uomo tranquillo. Sembrava ancora scosso per quanto accaduto.
“Non riesco a crederci,” ha detto, offrendoci del caffè. “Anders era un uomo buono, un amico. Non meritava una fine del genere.”
“Ha notato qualcosa di insolito nei giorni precedenti alla sua morte?” gli ho chiesto.
Erik ha riflettuto per un momento.
“Non saprei… era un po’ più silenzioso del solito, ma non mi sembrava preoccupato. Però, ora che ci penso, c’è stato un dettaglio strano.”
“Cosa?” ho chiesto.
“Due giorni prima di morire, Anders ha ricevuto una lettera,” ha detto Erik. “Era sigillata con ceralacca, come quelle vecchie lettere ufficiali. L’ho visto aprirla, e quando l’ha letta, il suo viso è cambiato. Era sconvolto, come se avesse visto un fantasma.”
“Sa se ha tenuto quella lettera?” ha chiesto Joel.
Erik ha scosso la testa.
“Non ne ho idea. Non l’ho più vista, e lui non ne ha mai parlato.”
Una lettera sigillata con ceralacca, che sembrava aver turbato profondamente Halvorsen. Doveva essere importante, ma dove potevamo trovarla?
Siamo tornati nell’appartamento del professore per cercare la lettera. La polizia norvegese, sebbene reticente, ci ha concesso un po’ di tempo per esaminare di nuovo la scena.
L’appartamento era impeccabile, ogni cosa al suo posto, come se riflettesse la mente di un uomo ordinato e metodico. Abbiamo iniziato a cercare nei cassetti, tra i libri e nei documenti, ma per un po’ non abbiamo trovato nulla di rilevante.
Poi, proprio mentre stavo per arrendermi, ho notato una piccola fessura sotto una mensola della libreria. Ho infilato la mano e ho trovato una busta sigillata con ceralacca rossa.
“Potrebbe essere questa,” ho detto, sentendo una strana tensione nell’aria.
Joel ha annuito e ha rotto il sigillo con cautela. All’interno c’era una lettera scritta a mano, con una grafia simile a quella del diario. Il testo era breve, ma inquietante:
“Anders, il tempo è arrivato. Ciò che hai nascosto non può rimanere celato per sempre. Il tuo destino è scritto, come lo è stato il mio. – V.”
Chi era questa persona, e cosa significava il messaggio? Joel ha osservato attentamente la lettera, cercando di cogliere indizi.
“Chiunque sia, sapeva qualcosa di importante su Halvorsen. Qualcosa che lo ha spinto a scrivere il diario e a orchestrare questa situazione.”
Mentre riflettevamo, la mia mente continuava a tornare alla moglie di Halvorsen. Il riferimento al “destino scritto” sembrava indicare un legame con il diario. Era possibile che “V” fosse proprio lei?
Mentre lasciavamo l’appartamento, Joel mi ha guardato con uno dei suoi sguardi intensi.
“Questo caso è complesso, Giorgio. Continua a concentrarti.”
Ho annuito, ma dentro di me c’era ancora un tumulto. Questo caso sta scavando in profondità, non solo nei segreti di Halvorsen, ma anche nei miei.


Caro diario,
Non c’è un attimo di tregua. Appena mi sono svegliato il diario ha iniziato ad illuminarsi. Mi sono avvicinato con riluttanza, quasi temendo ciò che stava per accadere.
Quando l’ho aperto, le parole hanno iniziato a comparire sulla pagina odierna.
Oslo, anno 2010. Un uomo e un diario misterioso ti aspettano.
Non ho avuto nemmeno il tempo di riflettere. La luce bianca mi ha avvolto, e in un istante mi sono ritrovato ad Oslo, in un vicolo stretto, le pareti di mattoni illuminate dalla tenue luce del crepuscolo. L’aria era fredda, pungente, tipica di Oslo in primavera. Davanti a me c’era Joel.
“Eccoci nel 2010,” ha detto. “Spero che tu sia pronto.”
“Non ho ancora trovato un caso uguale ad un altro… ogni volta sono sempre più complicati e pericolosi…”
Non c’era tempo per le spiegazioni. Joel mi ha condotto in un edificio vecchio e malandato, dove un gruppo di poliziotti norvegesi stava esaminando la scena del crimine. Al centro della stanza, un uomo giaceva immobile, con il volto pallido e il corpo rigido. Accanto a lui, sul pavimento, c’era un diario aperto, con pagine fitte di parole scritte con una grafia precisa e ordinata.
“Si chiamava Anders Halvorsen,” mi ha spiegato Joel. “Un professore universitario noto per la sua vita tranquilla e le sue ricerche accademiche. È stato trovato morto stamattina, e accanto a lui c’era questo diario.”
Mi sono chinato per esaminare il diario. Le pagine raccontavano in dettaglio le ultime ore della vita di Halvorsen, inclusa la sua morte. Ogni movimento, ogni pensiero, ogni parola scambiata era descritto con una precisione inquietante.
“Inizio ad avere una certa avversione per i diari. Di chi è questo? Siamo sicuri che sia del professore? Perché avrebbe dovuto scrivere nel dettaglio persino la sua morte?”
Joel ha annuito.
“È quello che dobbiamo scoprire. Ma attenzione, Giorgio: questo caso ti metterà alla prova in modi che non immagini.”
Ho cercato di concentrarmi, ma i miei pensieri continuavano a tornare a Viola e Lucrezia. La morte di Viola, il suo sacrificio, e poi l’addio a Lucrezia… tutto mi pesava sul cuore. Joel sembrava percepire il mio stato d’animo.
“Devi lasciarti il passato alle spalle,” ha detto, con una fermezza che non gli avevo mai visto. “Non puoi affrontare questo caso se continui a rimuginare su ciò che non puoi cambiare.”
“Lasciare il passato alle spalle? Cos’è una battuta? Io sono letteralmente nel passato… e dovrei non pensare al mio passato? Non è così semplice, Joel,” ho risposto. “Ho perso troppo. Come posso andare avanti?”
Lui mi ha guardato con un’espressione di compassione.
“Se porterai a termine questa missione,” ha detto, “farò in modo che Lucrezia non scompaia dalla tua vita. È una promessa.”
Le sue parole mi hanno dato una scintilla di speranza, sufficiente per rimettermi in moto. Ho iniziato a esaminare la stanza con attenzione, cercando indizi che potessero spiegare il diario misterioso. Sul tavolo accanto al corpo c’erano un bicchiere vuoto e una bottiglia di vino, ma non sembravano esserci segni di lotta.
“È come se sapesse che sarebbe morto,” ho detto, osservando la calma della scena. Poi ho notato un foglio su di un mobiletto.
“Joel guarda, questo foglio è firmato dal professore… ma mi pare che la calligrafia sia molto diversa rispetto a quella del diario… Non è stato lui a scrivere quelle pagine. Qualcun altro ci ha pensato…”
Joel ha annuito.
“E quel qualcuno sapeva prima di lui su come sarebbe morto, abbastanza da scriverlo in un diario.”
Abbiamo deciso di iniziare dalle persone che conoscevano Halvorsen. La prima ad essere ascoltata è stata una collega del professore, di nome Ingrid Larsen, che ci ha ricevuti nel suo ufficio all’università.
“Non riesco a crederci,” ha detto, scuotendo la testa. “Anders era un uomo così tranquillo. Non aveva nemici, non aveva problemi. Chi potrebbe avergli fatto una cosa del genere?”
Quando le ho chiesto se avesse riconosciuto la grafia nel diario, ha scosso la testa.
“No, non è sua. Ma… somiglia vagamente a quella di sua moglie.”
“Sua moglie?” ho chiesto, sorpreso.
“Sì,” ha detto Ingrid. “Ma è morta cinque anni fa in un incidente d’auto. Non può essere lei.”
La rivelazione ci ha lasciato senza parole. Come poteva una donna morta cinque anni prima scrivere un diario che descriveva la morte del marito nel 2010?
Mentre lasciavamo l’università, Joel sembrava stranamente pensieroso.
“C’è qualcosa che non torna,” ha detto. “E sono sicuro che questo caso ci porterà a scoprire segreti che Halvorsen non voleva condividere.”
Ho annuito, ma i miei pensieri erano ancora annebbiati. Riusciremo mai a scoprire la verità?
Caro diario,
Non pensavo che la mia vita sarebbe arrivata a questo punto, ma forse era inevitabile.
Dopo l’intensa conversazione con Joel, ho passato gran parte della mattinata seduto alla scrivania, fissando il diario chiuso e cercando di fare i conti con tutto ciò che mi è stato rivelato. La morte di Viola, la cancellazione della sua esistenza e il peso del mio legame con il diario mi hanno lasciato un senso di solitudine insopportabile. E in quel momento ho capito che c’era un’altra questione che non potevo più ignorare: Lucrezia.
Non è giusto che continui a trascinarla nel caos della mia vita. Lei merita di più, merita qualcuno che possa darle certezze, amore e trasparenza. Qualcosa che io, ora come ora, non posso offrirle.
Ho preso il telefono e le ho inviato un messaggio: “Lucrezia, possiamo vederci oggi? Devo parlarti di una cosa importante.”
La risposta è arrivata subito: “Va bene. Passo da te alle 15:00.”
L’attesa è stata estenuante. Ogni minuto che passava sembrava aumentare il peso della conversazione che sapevo avrei dovuto affrontare. Quando finalmente ho sentito bussare alla porta, il cuore mi è salito in gola.
Lucrezia è entrata con la stessa energia di sempre, ma il suo sguardo tradiva un misto di curiosità e preoccupazione.
“Allora? Di cosa si tratta?” ha chiesto, con un tono che cercava di essere casuale ma che nascondeva un sottofondo di tensione.
Mi sono seduto di fronte a lei, cercando di raccogliere il coraggio per dire ciò che dovevo dire.
“Lucrezia, prima di tutto voglio ringraziarti per essere venuta,” ho iniziato. “E voglio anche scusarmi per tutte le volte in cui sono stato distante, per tutte le domande a cui non ho saputo rispondere.”
Lei mi ha guardato con un’espressione confusa, ma non ha detto nulla, permettendomi di continuare.
“C’è una parte della mia vita di cui non posso parlarti,” ho detto, scegliendo le parole con attenzione. “Non perché non mi fidi di te, ma perché è troppo complicato. È qualcosa che va oltre ciò che chiunque potrebbe comprendere.”
Lucrezia ha inclinato la testa, stringendo le braccia al petto.
“Sei sempre vago, Giorgio,” ha detto, con un tono che mescolava frustrazione e tristezza. “Non posso continuare a cercare di capire da sola. Se non puoi essere onesto con me, allora non so cosa stiamo facendo qui.”
Sapevo che aveva ragione. Non potevo più nascondermi dietro scuse o mezze verità.
“Ti amo, Lucrezia,” ho detto, lasciando che le parole uscissero senza filtri. Lei mi ha fissato, sorpresa, e ho continuato. “Ti amo dal primo momento che ti ho incontrato, ma non sono mai stato capace di dirtelo. E ora, guardando tutto quello che è successo nella mia vita, mi rendo conto che dirlo non è abbastanza.”
Lucrezia ha scosso la testa, incredula.
“Se mi ami, perché mi tieni a distanza? Perché non mi lasci entrare nella tua vita?”
Ho abbassato lo sguardo, sentendo il peso della mia prossima confessione.
“Perché la mia vita non è normale,” ho detto. “Se fossi rimasto un cuoco, se non avessi intrapreso questo... percorso, forse avrei potuto essere l’uomo che meriti. Ma ora non posso. E non voglio più mentirti.”
Lucrezia ha cercato di dire qualcosa, ma io l’ho interrotta, continuando il mio discorso.
“La verità è che ci sono cose che non posso spiegarti, ma che mi tengono legato a una realtà che non posso condividere con te. Ogni volta che sparisco, ogni volta che non rispondo alle tue chiamate, non è perché non mi importa. È perché sono coinvolto in situazioni che non posso rivelare.”
Il silenzio che è seguito era assordante. Lucrezia mi fissava, e nei suoi occhi vedevo un misto di dolore, rabbia e delusione. Alla fine, ha scosso la testa. “Quindi, cosa stai cercando di dirmi, Giorgio? Che non c’è speranza per noi?”
Il nodo alla gola si è fatto più stretto.
“Sto cercando di dirti che non voglio più farti del male,” ho detto. “Meriti qualcuno che possa darti tutto. Io non posso farlo. Non ora.”
Lucrezia si è alzata, visibilmente scossa.
“Non posso crederci,” ha detto. “Quindi hai deciso di chiudere così? Di buttare via tutto?”
Mi sono alzato anch’io, cercando di avvicinarmi a lei, ma lei ha fatto un passo indietro.
“Lucrezia, sto facendo questo per te,” ho detto, la voce spezzata. “Perché ti amo troppo per continuare a mentirti.”
Lei mi ha fissato per un lungo momento, e poi ha lasciato cadere le braccia lungo i fianchi.
“Se questa è la tua decisione, allora non c’è altro da dire. Ma sappi che non voglio più vederti. Non posso continuare a soffrire per qualcuno che non riesce a fidarsi di me.”
L’ho guardata mentre prendeva la borsa e si dirigeva verso la porta. Quando ha girato la maniglia, si è fermata per un istante, come se stesse per dire qualcosa. Ma poi ha scosso la testa e se n’è andata, chiudendo la porta dietro di sé.
Sono rimasto lì, immobile, sentendo il silenzio riempire lo spazio che aveva appena lasciato. Mi sono seduto alla scrivania, incapace di fare qualsiasi altra cosa. Avevo fatto la scelta giusta, lo sapevo. Ma la consapevolezza non rendeva il dolore meno intenso.
Ho perso Lucrezia, e con lei una parte del mio cuore. Ma so che era necessario. Non posso permettere che la mia vita metta a rischio altre persone. Non posso permettere che chi amo diventi una vittima del caos che mi circonda.


Caro diario,
Oggi è stata una giornata che non dimenticherò mai, una di quelle che lasciano segni profondi e domande che forse non troveranno mai risposta. La realtà che credevo di conoscere si è incrinata, e le verità che ho scoperto mi hanno sconvolto in modi che non avrei mai immaginato.
Ero nel mio studio, cercando di rimettere ordine tra i pensieri dopo l’incubo vissuto a Texas City. La morte di Viola pesava su di me come un macigno. La penna stilografica che mi aveva regalato era posata sulla scrivania, un simbolo della sua presenza, una presenza che ora era svanita per sempre.
Ero immerso in questi pensieri quando la porta si è spalancata improvvisamente. Era Lucrezia, con il volto teso e gli occhi pieni di rabbia. Non aveva nemmeno bussato, e il suo atteggiamento mi ha subito messo in allerta.
“Giorgio, basta!” ha esclamato. “Non puoi continuare a sparire senza spiegazioni. Sono giorni che cerco di contattarti, ma tu sembri svanire nel nulla. Stavolta voglio delle risposte.”
Ho cercato di mantenere la calma.
“Lucrezia, ti ho già spiegato. Ho avuto delle questioni personali da gestire con Viola. Non posso dirti di più.”
“Questioni personali?” ha replicato, con sarcasmo evidente. “E chi è questa Viola? Non l’ho mai sentita nominare prima!”
Le sue parole mi hanno gelato.
“Come sarebbe a dire che non conosci Viola?” ho chiesto, cercando di mantenere la compostezza.
“Non ho idea di chi sia,” ha risposto. “E ora basta con questi giochi. Voglio sapere cosa sta succedendo nella tua vita.”
Il mio cuore ha cominciato a battere più forte. Come poteva Lucrezia non ricordare Viola? Avevano avuto occasioni per incontrarsi, ne ero sicuro. Eppure, il suo sguardo non lasciava spazio a dubbi: non stava mentendo.
Dopo qualche istante di silenzio, Lucrezia ha aggiunto:
“Sai cosa penso? Che stai usando tutte queste scuse per tenere le persone lontane. Ma non funziona più, Giorgio. Devi scegliere: o impari a fidarti, o continuerai a vivere in questo mondo isolato che ti sei creato.”
Con queste parole, ha lasciato lo studio, sbattendo la porta. E io sono rimasto lì, immobile, senza capire tutto quello che era appena successo.
Viola era stata una parte importante delle mie ultime avventure, una presenza costante e rassicurante. Ma ora sembrava che il mondo intorno a me avesse deciso di cancellarla. Mi sono seduto alla scrivania, ho preso la piuma e ho scritto sul diario, cercando disperatamente risposte.
Joel, cosa sta succedendo? Perché Lucrezia non ricorda Viola?
Non c’è stata alcuna risposta scritta. Invece, la stanza è stata improvvisamente avvolta da una luce bianca. Quando la luce si è attenuata, Joel era lì, in piedi davanti a me, con il suo solito sorriso enigmatico.
“Finalmente hai fatto la domanda giusta,” ha detto, senza preamboli.
L’ho fissato, sentendo un misto di rabbia e disperazione.
“Joel, non ho tempo per i tuoi enigmi. Dimmi cosa sta succedendo. Perché Viola non esiste più?”
Joel ha sospirato, e per un attimo il suo sorriso è scomparso.
“Siediti, Giorgio. È ora che tu sappia tutta la verità.”
Ho obbedito, mentre lui iniziava a raccontare.
“Tutto è iniziato quel fatidico 31 gennaio del 2023,” ha detto. “Quando hai smesso di usare il diario, qualcosa è cambiato. Io sono rimasto intrappolato nel passato, senza più un legame con te. È stato in quel periodo che ho incontrato Viola.”
L’ho guardato, confuso.
“Cosa intendi con «intrappolato nel passato»?”
Joel ha annuito lentamente.
“Il diario non è solo uno strumento. È un legame, una connessione tra noi due e il destino stesso. Quando hai deciso di abbandonarlo, io sono stato costretto a trovare un altro modo per continuare la mia missione. E così ho iniziato a collaborare con Viola.”
Mi sentivo sempre più confuso, ma non ho interrotto il suo racconto.
“Viola era una donna straordinaria, Giorgio,” ha continuato Joel. “Aveva una mente brillante e un senso della giustizia ineguagliabile. Insieme, abbiamo risolto diversi casi. Quando hai ripreso in mano il diario, tutto è tornato come prima... tranne per Viola.”
“Cosa intendi?” ho chiesto, con un nodo in gola.
“Viola si è risentita di essere stata messa da parte,” ha spiegato Joel. “Sentiva di avere un ruolo importante, e così ha trovato un modo per entrare nelle tue avventure. La penna stilografica che ti ha regalato era più di un semplice oggetto: era uno strumento che prevedeva le tue mosse, permettendole di essere sempre al posto giusto nel momento giusto.”
La stilografica che avevo considerato un simbolo della nostra amicizia era in realtà un mezzo per manipolare la mia vita.
“Ma il diario non poteva tollerare la sua presenza,” ha continuato Joel, con tono grave. “Viola stava interferendo con il suo scopo. E così, quando è morta a Texas City, il diario ha forzatamente ripristinato la situazione. Ha cancellato non solo la sua vita reale, ma anche ogni traccia della sua esistenza.”
“Quindi... Viola non è mai esistita?”
Joel ha scosso la testa.
“Per te sì, Giorgio. Ma per il resto del mondo, no. Il diario ha dovuto fare una scelta, e purtroppo Viola ne ha pagato il prezzo.”
Ho sentito le lacrime rigarmi il viso, ma Joel non mi ha lasciato tempo per elaborare.
“Non puoi rinunciare al diario, Giorgio,” ha detto con fermezza. “Una volta accettato, il tuo destino è legato a esso fino alla fine del 2025. Se cerchi di abbandonarlo di nuovo, le conseguenze potrebbero essere ancora più gravi.”
Non ho scelta, non posso sfuggire a questo legame. Ma il peso della perdita di Viola e la consapevolezza di ciò che il diario può fare sono un fardello che non so se riuscirò a sopportare.
Joel si è alzato, posandomi una mano sulla spalla. “Sei più forte di quanto pensi, Giorgio. E Viola non ti avrebbe mai voluto vedere arrenderti. Continua a lottare, per lei e per tutti quelli che puoi ancora aiutare.”
Quando se ne è andato, la stanza è tornata in silenzio. Ho guardato il diario davanti a me, il simbolo del mio destino e della mia prigionia. E per la prima volta, ho sentito il vero peso di ciò che significa essere un «detective per caso».
16 aprile 2025
Caro diario,
Oggi, Texas City è diventata un inferno, e io ho perso più di quanto avrei mai potuto immaginare.
La mattina è iniziata con un silenzio inquietante. Il porto era calmo, troppo calmo, come se stesse trattenendo il respiro in attesa di qualcosa di devastante. La Grandcamp era ancora lì, immobile, ma il suo carico instabile sembrava pulsare di energia distruttiva. Eravamo nei pressi del molo, a fare il possibile per evitare il disastro.
Viola era più determinata che mai.
“Non possiamo arrenderci ora,” ha detto, il suo sguardo risoluto. “Se non possiamo fermare l’esplosione, dobbiamo almeno salvare più persone possibili.”
Joel, stranamente silenzioso, sembrava immerso nei suoi pensieri. Era raro vederlo così, ma sapevo che anche lui sentiva il peso della situazione.
“Dobbiamo concentrarci sull’evacuazione,” ha detto infine. “Ogni minuto conta.”
Abbiamo iniziato a muoverci rapidamente, cercando di convincere le persone a lasciare il porto. Viola si avvicinava ai lavoratori con una calma che ispirava fiducia, spiegando la gravità della situazione senza creare panico. Io e Joel ci siamo concentrati su altre aree del porto, urlando avvertimenti e aiutando chiunque fosse riluttante a partire.
Ma nonostante i nostri sforzi, molti rifiutavano di andarsene.
“È solo un falso allarme,” dicevano alcuni. “Non possiamo lasciare il nostro lavoro.”
A metà mattinata, un rumore sordo proveniente dalla Grandcamp ci ha fatto gelare il sangue. Era il primo segnale di cedimento. Dal ponte della nave si alzava un sottile filo di fumo, un presagio che non potevamo ignorare.
“Dobbiamo andare sulla nave,” ha detto Viola.
“È troppo pericoloso,” ho risposto, ma lei ha scosso la testa.
“Se non facciamo qualcosa, nessuno lo farà. Dobbiamo provare.”
Nonostante il mio istinto mi dicesse di fermarla, sapevo che aveva ragione. Insieme, ci siamo diretti verso la Grandcamp, mentre Joel restava a coordinare l’evacuazione. Il calore era opprimente, e l’aria era satura di odori chimici che bruciavano la gola.
Viola si è mossa con una forza incredibile, dirigendosi verso i container più critici.
“Dobbiamo raffreddarli,” ha detto, cercando di usare le attrezzature che avevamo portato. Ma era evidente che la situazione era fuori controllo. Ogni tentativo sembrava inutile.
All’improvviso, un’esplosione più piccola ha scosso la nave, facendoci perdere l’equilibrio. Uno dei container si è aperto, rilasciando una nuvola di polvere chimica. Viola mi ha spinto verso l’uscita. “Devi andare,” ha detto, il suo tono più fermo che mai.
“No! Non ti lascio qui!” ho gridato, ma lei mi ha guardato con una calma devastante.
“Giorgio, il mondo ha bisogno di te. Devi vivere.”
Prima che potessi rispondere, Joel è apparso accanto a me.
“Non c’è più tempo Giorgio,” ha detto, afferrandomi per il braccio. Ho cercato di resistere, ma la sua forza era inarrestabile.
In un istante, la luce bianca del diario ci ha avvolti, e il mondo intorno a me è svanito. Quando ho riaperto gli occhi, ero di nuovo nel 2025, nel mio appartamento ad Avigliana. Il contrasto tra la calma della mia stanza e il caos del porto di Texas City era insopportabile.
“Perché l’hai lasciata lì?!” ho urlato al diario, che era aperto davanti a me. Una scritta blu è apparsa nella pagina del 16 aprile.
Viola non ha potuto scegliere. Sapeva cosa stava rischiando, ma sapeva anche che il suo sacrificio era necessario.
Non ho avuto il tempo di rispondere. Nel diario, una luce intensa si è proiettata sulla parete, mostrando le immagini dell’esplosione. La Grandcamp è esplosa in una devastante onda di fuoco e fumo, e ho sentito il mio cuore spezzarsi. Sapevo che Viola era lì, che aveva dato la sua vita per cercare di salvare gli altri.
“Perché?” ho sussurrato, la voce rotta. Joel ha risposto dal diario.
Viola era speciale, Giorgio. Aveva un ruolo in questa missione che va oltre la tua comprensione. Ma sappi che la sua morte non è stata vana. Ha salvato molte vite. Purtroppo però non siamo riusciti ad evitare la catastrofe.
Le sue parole non erano sufficienti a placare il mio dolore. La perdita di Viola era un vuoto che non poteva essere colmato. La sua presenza, il suo coraggio, la sua luce... tutto era svanito in un istante.
Ho acceso il computer e ho cercato informazioni sul disastro della GrandCamp. Le pagine raccontano nel dettaglio gli avvenimenti del 1947.
Mi chiedo se avrei potuto fare di più, se avrei potuto salvarla. Oggi, Texas City è diventata un simbolo del costo della negligenza e dell’avidità umana. Ma per me, sarà per sempre il luogo in cui ho perso una parte del mio cuore. Addio, Viola. Non ti dimenticherò mai.


15 aprile 2025
Caro diario,
Ogni ora che passa sembra avvicinarci inevitabilmente al disastro, e la sensazione di impotenza cresce con il tempo. La Grandcamp è lì, maestosa e silenziosa, come una bestia in attesa di scatenare il suo potere distruttivo. Nonostante tutti i nostri sforzi, le autorità sembrano ignorare la gravità della situazione, e noi siamo costretti a lottare contro il tempo e contro l’inerzia di chi dovrebbe proteggerci.
Viola e io ci siamo ritrovati al porto alle prime luci dell’alba. L’atmosfera era tesa, e i lavoratori del porto si muovevano in silenzio, come se percepissero che qualcosa non andava. Joel ci ha raggiunti poco dopo, con uno sguardo che tradiva preoccupazione.
“Non abbiamo molto tempo,” ha detto. “Dobbiamo fare il possibile per limitare i danni.”
Viola aveva trascorso la notte raccogliendo ulteriori informazioni sulla natura del carico.
“I fertilizzanti e l’ammoniaca sono già instabili,” ha spiegato. “Se vengono esposti a una fonte di calore costante, la reazione chimica sarà devastante. Dobbiamo impedire che qualsiasi scintilla raggiunga la stiva.”
Joel ha proposto un piano: infiltrarsi nella nave e cercare di raffreddare i container danneggiati con l’aiuto dei lavoratori del porto.
“Non possiamo aspettare che le autorità si muovano,” ha detto. “Se vogliamo evitare un disastro, dobbiamo agire ora.”
Abbiamo iniziato a preparare l’operazione. Joel ha convinto alcuni lavoratori fidati a unirsi a noi, mentre Viola ed io ci occupavamo di raccogliere attrezzature e materiali per raffreddare i container. La tensione era palpabile: ogni passo sembrava carico di significato, ogni sguardo scambiato portava con sé la consapevolezza del rischio che stavamo correndo.
Quando siamo saliti sulla Grandcamp, l’aria era densa di odori chimici e di un calore soffocante che sembrava provenire dalle profondità della nave. Il rumore dei nostri passi sul metallo risuonava inquietante, spezzando il silenzio spettrale. Abbiamo raggiunto la stiva con cautela, illuminando il cammino con torce portatili.
Una volta all’interno, lo scenario che ci si è presentato era peggiore di quanto avessimo immaginato. I container erano visibilmente danneggiati, con crepe da cui fuoriusciva una strana polvere bianca. Il calore era opprimente, e l’aria era satura di un odore pungente che bruciava la gola.
Viola ha subito iniziato a dirigere le operazioni, indicando quali container dovevano essere raffreddati per primi. Joel e io ci siamo mossi rapidamente, spruzzando acqua sui punti più critici e cercando di stabilizzare la temperatura. Ma il tempo non era dalla nostra parte.
All’improvviso, un rumore forte e metallico ha interrotto il silenzio. Ci siamo voltati, e abbiamo visto uno dei container collassare su se stesso, lasciando fuoriuscire una nuvola di polvere chimica. Viola ha gridato, e ci siamo affrettati a coprirci il volto con delle maschere di fortuna.
“Dobbiamo uscire!” ha urlato Joel. “Questo posto è troppo a rischio!”
Ma mentre ci dirigevamo verso l’uscita, un altro rumore ci ha bloccati. Questa volta era il suono inconfondibile di passi, ma non erano i nostri. Qualcuno si muoveva nella stiva, nascosto tra le ombre. Joel ha acceso la torcia nella direzione del rumore, e abbiamo visto una figura sfuggente scomparire dietro un container.
“Chi sei?” ha gridato Joel, ma non c’è stata risposta.
Senza pensarci due volte, ci siamo lanciati all’inseguimento. La figura, un uomo robusto con un cappotto scuro, si è mosso con agilità tra i container, cercando di sfuggirci. Quando finalmente lo abbiamo raggiunto, ha opposto resistenza, ma Joel è riuscito a immobilizzarlo.
“Chi sei e cosa stai facendo qui?” ho chiesto, il cuore che batteva all’impazzata.
“Sono stato pagato per assicurarmi che il carico diventasse instabile,” ha confessato, con una voce tremante. “Non sapevo che sarebbe arrivato a questo punto. Vi prego, lasciatemi andare.”
La sua confessione ci ha lasciati senza parole. Non solo qualcuno aveva pianificato il sabotaggio, ma aveva anche messo in atto un piano preciso per garantire che il carico esplodesse. Questo non era un semplice incidente: era un atto deliberato, una minaccia orchestrata con cura.
Abbiamo portato l’uomo fuori dalla stiva e lo abbiamo consegnato alla polizia locale, ma la loro reazione è stata frustrante.
“Faremo del nostro meglio per evitare il peggio,” hanno detto, con una calma che rasentava l’indifferenza.
Viola, Joel ed io siamo rimasti sul molo, osservando la Grandcamp illuminata dalla luce del tramonto. Sapevamo che il tempo stava per scadere.
“Se non troviamo una soluzione entro domani, la nave esploderà… questa è la sua storia. Giorgio dobbiamo cercare di bloccare questa catastrofe. Il diario ci sta mettendo alla prova.” ha detto Joel, con un tono che tradiva una rara nota di amarezza.
14 aprile 2025
Caro diario,
Il tempo stringe, e la tensione al porto di Texas City è palpabile. La Grandcamp è lì, immobile e silenziosa, ma carica di un pericolo invisibile che sembra crescere di ora in ora.
Io, Joel e Viola eravamo riuniti in un angolo isolato del porto, lontano dalle orecchie indiscrete. Viola aveva studiato i dettagli del carico e le proprietà chimiche dell’ammoniaca e dei fertilizzanti.
“Se il carico prende fuoco o viene esposto a una fonte di calore costante,” ha spiegato, “può causare una reazione chimica devastante.”
Joel, con il suo solito tono enigmatico, ha aggiunto: “Non si tratta solo di una nave. Il sabotaggio è stato pianificato per causare il massimo danno possibile. Se la Grandcamp esplode, le conseguenze si estenderanno ben oltre il porto.”
Con queste parole che riecheggiavano nella mia mente, siamo tornati alla nave. La polizia aveva rafforzato la sicurezza, ma le misure sembravano insufficienti di fronte alla minaccia che incombeva. Gli ufficiali sembravano più interessati a mantenere la calma tra i lavoratori che a indagare a fondo sulla pericolosità del carico.
Viola, determinata come sempre, ha cercato di convincere il comandante del porto a consentirci un’ispezione più approfondita.
“Ogni minuto che perdiamo aumenta il rischio,” ha detto con tono deciso. Ma il comandante, un uomo rigido e burocratico, ha respinto le sue richieste. “Non possiamo permettere a civili di avvicinarsi alla nave,” ha detto.
Mentre Viola discuteva con il comandante, ho notato qualcosa di strano vicino alla stiva della Grandcamp. Un gruppo di operai stava lavorando freneticamente, come se stessero cercando di risolvere un problema urgente. Mi sono avvicinato e ho chiesto cosa stesse succedendo.
“Abbiamo trovato delle crepe in uno dei container,” ha detto uno degli operai. “Stiamo cercando di sigillarlo, ma il materiale è instabile.”
La notizia mi ha colpito come un pugno. Se il container danneggiato contenesse ammoniaca o fertilizzanti, ogni tentativo di riparazione potrebbe essere inutile. Sono corso da Joel e Viola per informarli. Viola ha immediatamente proposto un piano:
“Dobbiamo convincere gli ufficiali a evacuare il porto. Anche se non possiamo fermare l’esplosione, possiamo salvare vite umane.”
Joel, con il suo solito sangue freddo, ha aggiunto: “E dobbiamo scoprire chi c’è dietro tutto questo. Non possiamo lasciare che sfuggano alle loro responsabilità.”
Mentre Viola cercava di convincere le autorità locali a prendere sul serio la minaccia, io e Joel abbiamo continuato a raccogliere informazioni. Siamo tornati al magazzino dove avevamo trovato Robert Kane. Questa volta, però, abbiamo scoperto qualcosa di inquietante: il magazzino era vuoto, e ogni traccia di documenti o materiali era stata rimossa.
“Qualcuno si sta coprendo le spalle,” ha detto Joel, osservando attentamente l’ambiente. “Questo significa che siamo vicini alla verità.”
Mentre stavamo per lasciare il magazzino, un uomo ci ha avvicinati. Era un operaio del porto.
“Ho sentito cosa state cercando di fare,” ha detto a bassa voce. “C’è qualcosa che dovete sapere.”
Ci ha raccontato di aver visto Howard Finch parlare con un altro uomo pochi giorni prima.
“Sembrava che stessero discutendo di soldi e di... distruzione,” ha detto. Non conosceva il nome dell’uomo, ma lo ha descritto come un individuo elegante, con un cappotto scuro e un orologio d’oro. “Era evidente che fosse abituato a comandare,” ha aggiunto.
Con questa nuova informazione, siamo tornati al porto. Viola ci ha incontrati con una notizia preoccupante: il comandante aveva rifiutato di evacuare l’area.
“Pensano che stiamo esagerando,” ha detto, frustrata.
Joel ha cercato di calmare la situazione.
“Dobbiamo pensare a un altro modo,” ha detto. “Se non possiamo fermare l’esplosione, dobbiamo limitare i danni il più possibile.”
Abbiamo passato il resto della giornata a studiare il porto, cercando di capire come avvertire le persone senza causare il panico. Viola ha proposto di usare i lavoratori del porto per diffondere il messaggio. “Se ognuno di loro avverte anche solo tre persone, possiamo raggiungere una buona parte della comunità,” ha detto.
La Grandcamp è un mostro dormiente, e il tempo per agire si sta esaurendo. Non so se riusciremo a evitare il disastro, ma una cosa è certa: non ci arrenderemo senza trovare una soluzione.


13 aprile 2025
Caro diario,
Mentre il sole si alzava su Texas City, portando un’apparente normalità alla vita del porto, io, Joel e Viola ci muovevamo con urgenza, consapevoli del pericolo imminente. La Grandcamp sembrava innocua, una nave come tante altre, ma sapevamo che il suo carico era una bomba in attesa di esplodere.
Viola aveva trascorso parte della notte a esaminare i documenti recuperati il giorno prima.
“C’è qualcosa che non quadra,” ha detto, puntando su una pagina del registro. “Questa azienda, la Gulf Shipping, non esiste. Ma qualcuno l’ha usata per autorizzare il carico di ammoniaca.”
Joel, come al solito, sembrava avere già un’idea. “Bisogna trovare chi ha firmato questi documenti,” ha detto. “Ogni traccia ci porta più vicini al responsabile.”
Abbiamo deciso di dividerci. Joel è rimasto al porto per osservare i movimenti attorno alla Grandcamp, mentre Viola ed io siamo andati all’ufficio amministrativo per cercare ulteriori informazioni.
“Questo è il nome del supervisore che ha approvato il carico,” ha detto una donna, consegnandoci un modulo logoro. Sul documento c’era scritto: Robert Kane. Non appena ho letto quel nome, ho sentito un brivido.
“Dobbiamo trovarlo,” ho detto, guardando Viola.
Tornati al porto, Joel ci ha dato un aggiornamento preoccupante.
“Qualcuno ha acceso un piccolo incendio nella stiva della Grandcamp ieri sera,” ha detto. “I marinai l’hanno spento, ma potrebbe essere stato un test, un modo per valutare la reazione del carico.”
Il nostro obiettivo era chiaro: trovare Robert Kane e scoprire cosa sapesse. Con l’aiuto di un operaio del porto, abbiamo scoperto che Kane era stato visto nei pressi di un magazzino abbandonato vicino al molo. Ci siamo diretti lì immediatamente.
Il magazzino era un edificio decrepito, con finestre rotte e un’atmosfera di abbandono. Entrando, abbiamo trovato Kane, un uomo di mezza età con occhi nervosi e mani tremanti. Non appena ci ha visti, ha cercato di scappare, ma Joel lo ha bloccato con la sua solita prontezza.
“Non vogliamo farti del male, Robert,” ho detto, cercando di calmarlo. “Ma dobbiamo sapere cosa sta succedendo sulla Grandcamp.”
Kane ha ceduto quasi subito, sopraffatto dalla paura.
“Non volevo che andasse così lontano,” ha detto, il volto segnato dal rimorso. “Ho firmato quei documenti per soldi. Mi hanno detto che era solo un trasporto come tanti altri.”
“Chi ti ha pagato?” ha chiesto Viola, il tono fermo.
“Un uomo di nome Howard Finch,” ha risposto Kane. “Non so chi fosse. Si è presentato al mio ufficio, ha lasciato una busta piena di soldi e mi ha detto di non fare domande.”
Il nome di Howard Finch era nuovo per noi, ma sapevamo di doverlo rintracciare. Kane ci ha dato una descrizione: un uomo alto, con capelli scuri e una cicatrice sul lato destro del viso.
“L’ho visto al porto un paio di volte,” ha aggiunto. “Sempre vicino alla Grandcamp.”
Tornati al molo, abbiamo iniziato a cercare Finch. Non è stato difficile trovarlo: la sua cicatrice era inconfondibile. Lo abbiamo visto discutere con un marinaio vicino alla stiva della nave. Quando si è accorto di noi, ha cercato di dileguarsi, ma Joel è stato più veloce. Lo ha bloccato prima che potesse scappare.
“Perché hai sabotato la Grandcamp?” gli ho chiesto, cercando di mantenere la calma. Finch ha sorriso, un sorriso freddo e calcolatore.
“Non sapete niente,” ha detto. “Questo è solo l’inizio.”
Le sue parole erano cariche di minaccia, ma non ha detto altro. La polizia locale è intervenuta poco dopo, portandolo via. Avevamo catturato il sabotatore, ma il pericolo non era ancora scongiurato. Finch non aveva detto nulla sul carico, né su come prevenire un’esplosione.
Mentre il sole tramontava, la tensione al porto era palpabile. La Grandcamp era sotto stretta sorveglianza, ma sapevamo che il rischio non era passato. Viola ha suggerito di ispezionare la stiva, ma le autorità ci hanno impedito di avvicinarci. “Troppo pericoloso,” ci hanno detto.
Tornati al nostro alloggio temporaneo, ci siamo riuniti per discutere i prossimi passi. Joel sembrava più silenzioso del solito, mentre Viola continuava a esaminare i documenti.
“C’è qualcosa che ci sfugge,” ha detto. “Finch non era l’unico coinvolto. Qualcuno di più potente sta tirando le fila.”
Aveva ragione. Questo non era un semplice caso di sabotaggio. Era qualcosa di molto più grande, e le conseguenze potevano essere devastanti.
La Grandcamp è una bomba a orologeria, e non sappiamo quanto tempo ci resti per fermarla. Dobbiamo trovare il modo di prevenire un disastro, o almeno di minimizzare i danni. Ma ho una strana sensazione, come se qualcosa di terribile sia inevitabile.
12 aprile 2025
Caro diario,
La giornata è iniziata in modo apparentemente tranquillo. Mi ero ripromesso di riposare dopo la complessità del caso di Punta Carena, ma il diario aveva altri piani per me.
Mentre stavo bevendo il mio caffè, la luce bianca che ormai conosco bene ha illuminato la stanza. Ho aperto il diario, e le parole si sono materializzate davanti ai miei occhi.
Giorgio, c’è un uomo che ha bisogno di noi. Texas City, anno 1947. Scrivi NAVE
Il mondo intorno a me è svanito, e in un istante mi sono ritrovato sotto un cielo azzurro ma minaccioso, con l’odore del mare che riempiva l’aria. Di fronte a me, un porto animato da una frenetica attività: gru che sollevavano container, marinai che caricavano e scaricavano merci, e una nave imponente, la Grandcamp, ancorata poco distante.
Joel era lì, come sempre, pronto a guidarmi. “Benvenuto a Texas City, Giorgio,” ha detto, con il suo solito sorriso enigmatico. “Questa volta dovremo agire in fretta.”
Mi ha spiegato brevemente la situazione: poche ore prima, un uomo era sopravvissuto a un attentato al porto. Era un operaio della nave, ma aveva subito un trauma grave e aveva perso temporaneamente la voce. La polizia locale era convinta che si trattasse di un semplice incidente, ma Joel sapeva che c’era qualcosa di molto più grande in gioco.
“Devi capire cosa sta cercando di dire quell’uomo,” ha detto Joel. “Il tempo stringe.”
L’uomo, un certo Samuel Hayes, era ricoverato in un piccolo ospedale vicino al porto. Quando l’ho incontrato, il suo viso era segnato da tagli e lividi, e i suoi occhi tradivano una paura profonda. Non poteva parlare, ma i suoi gesti e il suo sguardo parlavano chiaro: stava cercando disperatamente di comunicare qualcosa.
Ho iniziato a porgli domande semplici, cercando di interpretare i suoi movimenti. Quando ho menzionato la Grandcamp, ha spalancato gli occhi e annuito freneticamente. Ho preso un foglio di carta e una matita, chiedendogli di disegnare ciò che sapeva. La sua mano tremava, ma è riuscito a tracciare alcune linee e simboli che sembravano rappresentare dei container e una nave. Uno dei container era cerchiato, e accanto c’erano delle lettere: “NH3”.
Joel, che osservava in silenzio, ha commentato: “Ammoniaca. Un carico pericoloso, soprattutto se combinato con fertilizzanti.”
Le parole di Joel mi hanno colpito come un fulmine. Il carico di ammoniaca e fertilizzanti sulla Grandcamp era un’enorme bomba a orologeria. Se qualcosa fosse andato storto, le conseguenze sarebbero state catastrofiche.
Mentre lasciavo l’ospedale, il peso della responsabilità mi schiacciava. Dovevo capire chi avesse sabotato la nave e come fermare un disastro imminente. Joel mi ha seguito fuori, ma prima che potessi dire qualcosa, una voce femminile ci ha interrotti.
“Pensavate di iniziare senza di me?”
Mi sono voltato e ho visto Viola. Era lì, con il suo solito sorriso sereno, come se fosse del tutto normale trovarsi nel 1947.
“Viola? Come fai a essere qui?” le ho chiesto, incredulo.
“Penso che tu abbia bisogno di aiuto,” ha risposto, senza entrare nei dettagli. C’era qualcosa nel suo sguardo che non avevo mai visto prima.
Viola si è rivelata subito indispensabile. Mentre io e Joel raccoglievamo informazioni al porto, lei ha esaminato i documenti dei carichi sulla Grandcamp. La sua mente analitica le ha permesso di individuare discrepanze nei registri: uno dei container era stato caricato da un’azienda inesistente.
“Qualcuno ha usato documenti falsi per inserire un carico non autorizzato,” ha spiegato.
Abbiamo trascorso il resto della giornata cercando di individuare il responsabile. I lavoratori del porto erano restii a parlare, ma uno di loro, un anziano uomo di nome Frank, ci ha dato un indizio importante.
“C’era un uomo che non avevo mai visto prima,” ha detto. “Indossava un cappello scuro e sembrava nervoso. Stava vicino ai container quando li caricavano.”
Era un inizio, ma non abbastanza per fermare il disastro. Quando il sole è calato, il porto sembrava ancora più cupo. La Grandcamp era lì, immobile e silenziosa, come una bestia in attesa di essere scatenata. Sento il peso della missione sulle spalle. Domani dobbiamo scoprire chi ha sabotato la nave e trovare un modo per fermare il carico letale. Joel e Viola sono con me, ma non posso fare a meno di sentire che qualcosa di terribile sta per accadere.


11 aprile 2025
Caro diario,
Il mistero di Punta Carena è stato risolto, ma la presenza di Viola continua a lasciare una scia di enigmi che Joel sembra determinato a custodire.
La mattina, Viola, Joel ed io ci siamo ritrovati per analizzare gli ultimi dettagli di questa storia. Marco Monti non era coinvolto direttamente, ma le sue parole sul globo di cristallo e sull’energia che poteva sprigionare ci avevano dato un punto di partenza cruciale. Joel sembrava particolarmente pensieroso.
“Oggi sarà decisivo,” ha detto. “Ma ciò che scopriremo potrebbe cambiare più di quanto immagini.”
Con questa premessa, siamo entrati di nuovo nel faro. Il globo di cristallo emetteva ancora quella strana luce soffusa, quasi pulsante, come se fosse vivo. Viola ha studiato i simboli incisi attorno ad esso, cercando di capire se c’era un modo per attivarlo o rivelare qualcosa di nascosto.
“È come se mancasse un pezzo,” ha detto, scrutando ogni angolo della stanza.
La svolta è arrivata quando Joel ha notato un’incisione nascosta sulla base del globo. Era un simbolo simile a quelli visti sul ciondolo trovato tra le rocce. “Questo è il sigillo del custode,” ha detto Joel, con un tono che suggeriva che conosceva bene quel simbolo. “Chiunque lo abbia creato, sapeva che avrebbe avuto bisogno di una protezione speciale.”
Viola ha toccato il simbolo con delicatezza, e, con nostra sorpresa, il globo ha iniziato a brillare più intensamente. Una luce si è proiettata sul muro, rivelando un’immagine sorprendente: un disegno stilizzato del faro, con un piccolo puntino vicino alla base.
“È una nuova mappa,” ho detto, riconoscendo immediatamente il significato.
Seguendo l’indicazione della mappa, siamo usciti e abbiamo iniziato a scavare vicino alla base del faro. Dopo circa un’ora, abbiamo trovato una cassa di legno vecchia e danneggiata dal tempo. All’interno c’erano documenti, oggetti personali di Gregorio Monti e, sorprendentemente, una chiave d’oro.
“Questa chiave è la risposta,” ha detto Joel, tenendola in mano come se fosse un oggetto sacro. “Matteo Russo deve aver scoperto qualcosa su di essa e sul suo legame con il globo. Ma qualcuno non voleva che lui andasse oltre.”
Tornati al faro, abbiamo usato la chiave per aprire un piccolo scomparto nascosto sotto il globo. Dentro c’era una pergamena. Parlava dei tentativi di usare l’energia del globo per scopi nefasti. Gregorio lo aveva nascosto e protetto, ma sapeva che il pericolo non sarebbe mai svanito completamente.
La vera rivelazione è arrivata quando Viola ha trovato un altro foglio. Era scritto da Matteo Russo e indirizzata a un certo “A.M.”. La lettera era un’accusa: Matteo aveva scoperto che questo “A.M.” stava cercando di riattivare l’energia del globo per vendere il segreto al miglior offerente.
“Chi è A.M.?” ho chiesto, ma Viola sembrava già avere la risposta. “Antonio,” ha detto con voce ferma. “Il giovane pescatore.”
Era difficile da credere, ma tutti gli indizi puntavano a lui. Sapeva troppo del faro e delle luci misteriose, e il suo comportamento inizialmente nervoso ora aveva senso. Joel mi ha guardato con uno sguardo serio.
“Devi affrontarlo, Giorgio. La verità non può essere lasciata nel silenzio.”
Siamo tornati al villaggio e abbiamo trovato Antonio nella sua barca. Quando gli ho mostrato la lettera, il suo volto è diventato pallido. Ha cercato di negare, ma la sua voce tremava.
“Non volevo ucciderlo,” ha detto alla fine, crollando sotto il peso della verità. “Matteo era troppo vicino alla verità. Voleva fermarmi, e io... io ho perso la testa.”
Antonio ha confessato tutto. Aveva scoperto il globo attraverso le storie tramandate nel villaggio e aveva capito il suo potenziale. Ma quando Matteo aveva cercato di fermarlo, una discussione era degenerata in tragedia.
“Non volevo che finisse così,” ha ripetuto, le lacrime scendendo sul suo viso.
La polizia lo ha arrestato poco dopo. Il caso era risolto, ma il mistero del faro e del globo rimaneva.
Prima di andarcene, Joel mi ha preso da parte.
“So che hai delle domande su Viola,” ha detto. “Ma alcune risposte devono aspettare.”
Viola era vicino al faro, guardando il mare. Quando l’ho raggiunta, le ho chiesto direttamente:
“Perché sei qui? E come fai a sapere tutte queste cose?”
Lei mi ha guardato con un sorriso enigmatico. “Forse il destino ha deciso che dovevo essere qui. Oppure c’è una ragione più grande che ancora non conosciamo.”
Joel è intervenuto prima che potessi insistere.
“La verità su Viola arriverà, Giorgio. Ma non oggi. Per ora, devi sapere solo che è qui per aiutarti. Ma tieni presente che la vita di Viola nel diario è ben diversa da quella che sta vivendo nel presente… Non parlare mai con lei di queste cose. Potrebbe rimanere sconvolta.”
Le sue parole hanno lasciato un velo di mistero che non sono riuscito a dissipare. Il suono dello schiocco delle dita di Joel mi ha riportato nel 2025.
10 aprile 2025
Caro diario,
Punta Carena ha iniziato a rivelarsi con una chiarezza inquietante. La stanza nascosta nel faro, il globo di cristallo e le incisioni lasciavano intuire una trama intricata. Ci siamo ritrovati ai piedi del faro, pronti a proseguire.
Viola aveva passato la notte studiando le foto scattate nella stanza segreta. Contenevano dettagli preziosi e indicavano anche il nome del guardiano, un certo Gregorio Monti. Le ultime incisioni però erano state cancellate con uno scalpello, un gesto che sembrava indicare un tentativo deliberato di nascondere qualcosa di cruciale.
“Si parla di strani avvistamenti e di un ‘custode dell’energia’,” ha detto Viola, interpretando i simboli. “Ma non ci sono dettagli su chi o cosa fosse questo custode.”
“Forse quelle incisioni cancellate sono proprio la chiave che ci manca.” Ha osservato Joel.
Il primo indizio è arrivato dal villaggio. Durante la giornata, ho incontrato Antonio, il giovane pescatore che ieri mi aveva parlato delle luci strane vicino al faro. Questa volta era più rilassato, ma c’era qualcosa nei suoi occhi che tradiva un’ombra di paura.
“Antonio, pensi che qualcuno al villaggio possa sapere di più su Matteo o sul faro?” gli ho chiesto.
Lui ha esitato.
“C’è una persona,” ha detto infine. “Don Pietro, il prete della chiesa. È qui da più tempo di chiunque altro e conosce tutte le storie del faro.”
Non ho perso tempo e sono andato a incontrare Don Pietro. Era un uomo anziano, con un viso segnato dal tempo ma occhi vivaci e indagatori. Mi ha accolto con un sorriso cortese, ma quando ho menzionato il faro, il suo sguardo si è oscurato.
“Il faro di Punta Carena è sempre stato avvolto da misteri,” ha detto. “Gregorio Monti era un uomo buono, ma parlava spesso di cose che pochi riuscivano a capire. Diceva che il faro proteggeva qualcosa di prezioso, qualcosa che non doveva cadere nelle mani sbagliate.”
Gli ho chiesto delle incisioni e della stanza segreta, ma Don Pietro ha scosso la testa.
“Non so nulla di quelle scritte. Ma so che Gregorio aveva un grande segreto. Se c’è qualcuno che potrebbe sapere di più, è la famiglia Monti. Suo nipote vive ancora qui, ma non è facile convincerlo a parlare.”
Nel pomeriggio, Viola, Joel ed io siamo andati a cercare il nipote di Gregorio, un uomo di nome Marco Monti. Viveva in una casa isolata vicino alla costa, lontano dal villaggio. Quando ci ha aperto la porta, sembrava irritato dalla nostra presenza.
“Non ho niente da dirvi,” ha detto seccamente, cercando di chiudere la porta.
Ma Viola ha un talento particolare per convincere le persone. Con la sua calma e il suo modo di parlare diretto ma rispettoso, è riuscita a convincerlo a farci entrare.
“La mia famiglia ha sofferto abbastanza per quel maledetto faro,” ha detto Marco una volta che eravamo seduti nel suo piccolo soggiorno. “Mio nonno credeva di avere una missione, ma tutto ciò che ha ottenuto è stato dolore e isolamento.”
Gli ho chiesto delle incisioni sulle pareti, con il nome di suo nonno, e Marco ha esitato.
“Le ho viste anni fa,” ha ammesso. “Ma le ho distrutte. Pensavo che, cancellandole, avrei eliminato tutto il peso di quella storia dalla mia vita.”
Viola lo ha osservato attentamente.
“Marco, quelle incisioni potevano contenere informazioni importanti. Forse spiegavano il significato del globo di cristallo o perché tuo nonno era così ossessionato dal faro.”
Marco ha scosso la testa, ma poi ha detto qualcosa che ci ha lasciati senza parole.
“Il globo non è solo un oggetto antico. È una fonte di energia pura. Mio nonno diceva che poteva controllare le maree, i venti, persino il clima. Ma avvertiva anche che era pericoloso. Disse che una volta qualcuno aveva cercato di usarlo per scopi oscuri.”
Le sue parole hanno dato una nuova prospettiva al mistero. Se il globo era davvero così potente, Matteo Russo potrebbe aver scoperto qualcosa legato a esso. E, se così fosse, qualcuno avrebbe avuto un motivo per ucciderlo.
Quando siamo tornati al faro, Joel era insolitamente silenzioso. Sembrava immerso nei suoi pensieri, ma quando gli ho chiesto cosa stesse pensando, ha risposto con la sua solita ambiguità.
“La verità è vicina, Giorgio. Ma devi essere pronto a fare la scelta giusta quando la troverai.”
Viola, invece, sembrava concentrata su un dettaglio delle incisioni.
“Ci deve essere un modo per attivare il globo,” ha detto. “Forse è per questo che Matteo era qui. Forse stava cercando di capire come usarlo.”
La notte è calata rapidamente. Il vento ulula fuori dalla finestra e il rumore delle onde che si infrangono contro le rocce.


9 aprile 2025
Caro diario,
Il mistero di Punta Carena si fa sempre più intricato, e la sensazione che ogni risposta porti con sé nuove domande mi sta logorando. Ma andiamo con ordine.
La mattina è iniziata con Joel che ci convocava presso la stanza segreta del faro. Lì, il globo di cristallo che avevamo trovato ieri emanava ancora una luce tenue e surreale, come un battito che sembrava pulsare in sintonia con le onde del mare. Viola era già immersa nella lettura delle incisioni, le sopracciglia aggrottate in segno di concentrazione.
“Ci sono dei punti complicati,” ha detto, alzando lo sguardo. “Parlano di questa energia che non deve essere risvegliata, ma non spiega come funziona o cosa significhi davvero.”
“Forse Matteo Russo ha trovato la chiave per decifrare il segreto del faro,” ho risposto, osservando il globo. “Ed è per questo che è stato ucciso.”
Joel ha annuito, il volto serio.
“Non è escluso, Giorgio. Ma c’è ancora un tassello che ci manca: chi lo ha ucciso e perché?”
Abbiamo deciso di dividerci per seguire piste diverse. Io mi sono recato al villaggio per parlare nuovamente con Antonio, il giovane pescatore che ieri aveva menzionato le luci misteriose. Viola, invece, si è offerta di tornare sulla scogliera per esaminare ancora una volta l’area intorno al faro, cercando eventuali indizi trascurati. Joel, come al solito, ha lasciato intendere di avere un piano tutto suo, svanendo con il suo solito sorriso da “so già tutto”.
Al villaggio, ho trovato Antonio al porto, intento a sistemare le reti da pesca. Quando gli ho chiesto se ricordasse altri dettagli sulle luci viste vicino al faro, ha esitato.
“Non volevo dirlo ieri, ma una volta ho visto Matteo parlare con qualcuno vicino al faro,” ha ammesso, abbassando la voce. “Era buio, e non ho riconosciuto chi fosse. Ma sembrava che stessero discutendo animatamente.” Questo dettaglio era cruciale. Qualcuno aveva incontrato Matteo vicino al faro poco prima della sua morte, e questa persona poteva essere coinvolta.
Ho ringraziato Antonio e sono tornato verso il faro, dove ho trovato Viola che mi aspettava con un’espressione seria.
“Ho trovato qualcosa,” ha detto, porgendomi un oggetto avvolto in un pezzo di stoffa. Lì dentro c’era un antico ciondolo d’argento, inciso con gli stessi simboli che avevamo visto sulla pietra e sul foglio trovato nei giorni precedenti.
“Era nascosto tra le rocce vicino al punto in cui abbiamo trovato il corpo di Matteo,” ha spiegato. “Potrebbe appartenere al suo assassino.”
Mentre esaminavamo il ciondolo, Joel è ricomparso all’improvviso, con un’espressione più grave del solito.
“Abbiamo un problema,” ha detto. “Ho scoperto che il faro è stato volutamente disattivato da qualcuno. I meccanismi interni sono stati manomessi, e non è un caso che sia spento da giorni. Qualcuno voleva evitare che illuminasse qualcosa o che attirasse l’attenzione su questa zona.”
La rivelazione ci ha lasciati senza parole. Chi avrebbe potuto fare una cosa simile? E quale connessione c’era tra il faro, il ciondolo e la morte di Matteo Russo? Joel ci ha condotti all’interno della struttura, dove ci ha mostrato i segni evidenti di sabotaggio sui macchinari.
“Questo non è un lavoro casuale,” ha spiegato. “Chiunque l’abbia fatto sapeva esattamente come disattivare il faro senza destare sospetti immediati.”
A quel punto, Viola ha suggerito di confrontare i simboli incisi sul ciondolo con quelli presenti nella stanza segreta. Tornati lì, abbiamo notato che una delle pareti aveva una serie di incisioni simili a quelle del ciondolo, disposte a formare un cerchio. Quando abbiamo avvicinato il ciondolo al centro del cerchio, una luce intensa si è sprigionata dal globo di cristallo, illuminando l’intera stanza. Per un istante, abbiamo visto una mappa proiettata sulle pareti: mostrava l’isola di Capri e una serie di punti segnati in rosso.
“Sono luoghi chiave,” ha detto Viola, con gli occhi fissi sulla mappa.
“Forse sono collegati al segreto del faro.” Joel ha annuito.
“O forse sono punti in cui è stato nascosto qualcosa. Matteo Russo potrebbe aver scoperto uno di questi luoghi e, per questo, essere stato eliminato.”
Abbiamo fotografato la mappa e deciso di visitare il punto più vicino, situato lungo la costa occidentale dell’isola. Il tramonto stava già tingendo il cielo di arancione quando siamo arrivati. Il luogo era una piccola grotta, accessibile solo con una breve arrampicata. All’interno, abbiamo trovato un antico scrigno di legno, sigillato con un lucchetto arrugginito. Joel ha estratto un attrezzo dal nulla e, con una destrezza che non smette mai di sorprendermi, ha aperto lo scrigno.
Al suo interno c’erano documenti ingialliti e una serie di chiavi, ognuna con un simbolo diverso inciso sopra.
“Queste chiavi devono essere parte del sistema del faro,” ha detto Viola, esaminandole attentamente. “Forse ogni chiave corrisponde a un meccanismo diverso. Una bella invenzione per proteggere il faro e il suo segreto.”
Il mistero di Punta Carena è ben protetto, e Matteo Russo è morto perché ha osato avvicinarsi troppo alla verità.
8 aprile 2025
Caro diario,
La giornata è iniziata presto, con una riunione improvvisata ai piedi del faro. Joel, Viola e io ci siamo incontrati per discutere delle prossime mosse. La frase che Viola aveva trovato la sera prima aveva dei simboli difficili da decifrare. Lei, però, sembrava sicura.
“Ci sono delle parti mancanti,” ha detto, indicando i segni sbiaditi. “Ma il messaggio parla di un percorso. Qualcosa legato al faro.”
Mentre Viola lavorava sul messaggio, Joel mi ha chiesto di concentrarmi sulle persone del villaggio vicino.
“Ogni faro ha una comunità intorno,” ha detto. “E ogni comunità ha i suoi segreti. Devi parlare con chi conosceva Matteo Russo e capire cosa lo aveva portato al faro.”
Mi sono diretto al villaggio e ho iniziato a fare domande. La gente era amichevole, ma anche visibilmente preoccupata.
“Matteo era un uomo buono,” mi ha detto un’anziana signora che sembrava conoscerlo da anni. “Non meritava una fine del genere.” Quando le ho chiesto se sapesse perché Matteo fosse vicino al faro quella notte, ha scosso la testa.
“Non lo so. Ma ultimamente sembrava... diverso. Come se stesse cercando qualcosa.”
Un pescatore più giovane, che si è presentato come Antonio, mi ha fornito un’altra informazione interessante.
“Matteo parlava spesso di luci strane vicino al faro,” ha detto. “Diceva che non era normale che il faro fosse spento per così tanti giorni. Diceva che c’era qualcosa che non quadrava.” Ho chiesto se avesse mai visto queste luci, ma Antonio ha negato.
“Io sto lontano da quel posto di notte,” ha detto con un brivido. “Non mi piace l’atmosfera.”
Nel pomeriggio, sono tornato al faro per incontrare Joel e Viola. Lei aveva finalmente decifrato il messaggio completo.
“Dice che c’è una stanza nascosta nel faro,” ha annunciato, con un misto di eccitazione e apprensione. “Una stanza che custodisce un segreto antico.”
Joel ha annuito, come se sapesse già tutto.
“Il faro è più di quello che sembra,” ha detto. “E Matteo Russo lo aveva capito.”
Abbiamo deciso di entrare nel faro e cercare questa stanza. L’interno era buio e freddo, con un’atmosfera opprimente che sembrava quasi palpabile. Dopo ore di ricerca, abbiamo trovato una porta nascosta dietro una vecchia scaffalatura. La porta era bloccata, ma Viola ha notato un meccanismo vicino, una leva incrostata di ruggine. Con un po’ di fatica, siamo riusciti ad azionarla, e la porta si è aperta con un cigolio.
La stanza era piccola, ma ciò che conteneva era straordinario. Al centro c’era un antico globo di cristallo, che emanava una luce soffusa. Intorno c’erano simboli simili a quelli incisi sulla pietra. Joel si è avvicinato al globo, osservandolo attentamente.
“Questo è il cuore del faro,” ha detto. “Ed è anche ciò che qualcuno voleva nascondere.”
Viola ha trovato altre incisioni sul muro.
“Qui c’è scritto che c’è un’energia troppo potente per essere lasciata nelle mani sbagliate.”
Mentre leggevamo, il mistero sembrava infittirsi. Chi voleva nascondere questo segreto? E cosa aveva a che fare con la morte di Matteo Russo?


7 aprile 2025
Caro diario,
La giornata era iniziata normalmente: una colazione rapida, una passeggiata lungo il lago per schiarirmi le idee dopo il caso di Bellini, e la solita routine che ormai conoscevo bene. Ma tutto è cambiato quando il diario si è illuminato di una luce bianca intensa, quella che ormai riconosco come il segnale di Joel.
Ho aperto il diario sul sette aprile.
Preparati, Giorgio. Abbiamo una missione. Punta Carena, anno 2000. Scrivi FARO
Non ho avuto nemmeno il tempo di terminare la parola che la stanza si è dissolta, e mi sono ritrovato avvolto da un vento salato, con il suono delle onde che si infrangevano contro le rocce.
Quando ho riaperto gli occhi, ero davanti al faro di Punta Carena, sull’isola di Capri. Il faro, che avrebbe dovuto illuminare la costa, era spento, lasciando il luogo avvolto in una semi-oscurità surreale. Joel era lì ad aspettarmi.
“Benvenuto nel 2000, Giorgio,” ha detto, senza perdere tempo. “Abbiamo un altro caso da risolvere.”
Non lontano da noi, ai piedi del faro, c’era un corpo. Mi sono avvicinato con cautela, il cuore che batteva forte nel petto. Era un uomo, un pescatore a giudicare dai vestiti e dagli strumenti che aveva con sé. Joel mi ha spiegato che il corpo era stato trovato da un altro pescatore, che aveva subito dato l’allarme. La polizia locale aveva isolato l’area, ma non aveva idea di come procedere.
“Ecco perché siamo qui,” ha detto Joel. “Il diario vuole che troviamo il colpevole.”
Osservando la scena, ho notato subito qualcosa di strano. Accanto al corpo, incise su una pietra, c’erano delle lettere che sembravano parte di un messaggio. Erano sbiadite, probabilmente a causa del tempo e del salmastro, ma erano chiaramente state incise con cura. Ho provato a decifrarle, ma erano in una lingua che non riconoscevo.
Mentre cercavo di capire il significato del messaggio, ho sentito una voce familiare dietro di me. Mi sono voltato e, con mio grande stupore, ho visto Viola. Era lì, in piedi con la solita calma che la caratterizzava, come se fosse del tutto normale trovarsi a Punta Carena nel 2000.
“Viola? Cosa ci fai qui?” le ho chiesto, incredulo. Lei ha sorriso, ma non ha risposto subito. Invece, si è avvicinata alla pietra e ha iniziato a esaminare le incisioni.
“È un codice antico,” ha detto dopo qualche istante. “Posso decifrarlo.” Le sue parole mi hanno lasciato senza fiato. Come faceva a saperlo? E cosa significava tutto questo? Ma prima che potessi fare altre domande, Viola aveva già iniziato a tradurre.
Il messaggio era breve, ma inquietante: “Il faro spegne ciò che non deve essere visto.” Cosa significava? E chi lo aveva inciso? Joel ci ha osservati in silenzio per tutto il tempo, senza intervenire, ma il suo sguardo diceva che sapeva più di quanto lasciasse intendere.
Abbiamo passato il resto della serata a raccogliere informazioni. Il pescatore morto si chiamava Matteo Russo, un uomo noto per essere riservato ma gentile con tutti. Nessuno riusciva a spiegare perché fosse vicino al faro quella notte, né chi potesse averlo ucciso. La polizia locale, sebbene desiderosa di aiutare, sembrava essere completamente sopraffatta dalla situazione.
Viola, nel frattempo, si muoveva con una sicurezza sorprendente. Sembrava sapere esattamente dove guardare e cosa cercare. A un certo punto, ha trovato un’altra incisione sulle rocce, con un’altra serie di simboli simili a quelli di prima. Questa volta, però, i simboli erano parzialmente cancellati dall’umidità, rendendo difficile la traduzione immediata.
“Ci lavorerò stanotte,” ha detto, scattando una foto.
Quando la sera è calata, il faro era ancora spento, e l’intera area era avvolta in un’oscurità spettrale. Mi sono fermato a osservare il mare. Joel si è avvicinato, rompendo il silenzio.
“Hai delle domande, Giorgio. Lo vedo,” ha detto. Ho annuito, ma non sapevo da dove cominciare. La presenza di Viola, il messaggio criptico, il faro spento... tutto sembrava collegato, ma come?
“Domani ci saranno risposte,” ha aggiunto Joel. “Ma devi essere pronto a vedere oltre ciò che appare.”
Sono andato in albergo, chiaramente prenotato a nome mio da non si sa chi, la mente piena di dubbi. Viola è rimasta a lavorare sui simboli, e Joel si è chiuso nella sua camera come se tutto fosse normale.
6 aprile 2025
Caro diario,
Oggi avevamo deciso di interrogare nuovamente Lorenzo Caruso, alla luce dei documenti trovati ieri nella biblioteca. Caruso, ormai pressato dagli indizi sempre più schiaccianti, ha deciso di parlare, rivelando un dettaglio cruciale che avrebbe cambiato tutto.
“Non sono stato io a uccidere Bellini,” ha detto, con voce tremante, “ma sapevo che stava giocando con il fuoco. Quei documenti non riguardavano solo i Vassallo. Bellini aveva scoperto qualcosa su un’altra persona... qualcuno molto più pericoloso.” Gli ho chiesto di essere più specifico, e dopo un lungo silenzio, ha pronunciato un nome: Francesco Moretti.
Moretti era un imprenditore locale con una reputazione ambigua, spesso associato a operazioni poco trasparenti. Bellini, a quanto pare, aveva trovato prove che collegavano Moretti a una serie di operazioni immobiliari fraudolente, e stava usando quei documenti come leva per costringerlo a collaborare nei suoi progetti. Caruso ci ha detto che Moretti aveva avvertito Bellini di lasciarlo in pace, ma Bellini, fiducioso delle sue capacità di manipolazione, aveva ignorato l’avvertimento.
“L’ultima volta che ho visto Bellini,” ha detto Caruso, “era convinto che avrebbe vinto. Non aveva capito con chi stesse giocando.”
Con queste informazioni, Casale ha deciso di convocare Moretti per un interrogatorio. Nel frattempo, ho fatto un’ultima visita ad Alberto Vassallo, per chiarire alcuni dettagli rimasti in sospeso. Gli ho spiegato ciò che avevamo scoperto su Moretti e sul coinvolgimento di Bellini. La sua reazione è stata di sorpresa, ma non di incredulità.
“Non mi sorprende,” ha detto. “Bellini era un uomo che amava giocare con il potere, e prima o poi qualcuno avrebbe reagito.” Gli ho chiesto se avesse mai avuto a che fare direttamente con Moretti, ma Alberto ha negato, sostenendo di aver sempre cercato di mantenere le sue operazioni il più pulite possibile, nonostante il passato della sua famiglia.
Nel pomeriggio, mentre Casale interrogava Moretti, ho deciso di prendermi un momento di pausa. Sono andato a prendere un gelato. Non so se fosse il destino o un’altra coincidenza, ma anche questa volta ho incontrato Viola. Era lì, dietro di me a prendere un gelato. Quando l’ho vista, ha sorriso e mi ha fatto cenno di voler pagare lei. Da buon gentiluomo ho offerto io. Ci siamo seduti su una panchina e abbiamo parlato a lungo. Mi ha chiesto del caso, e per la prima volta, ho deciso di aprirmi un po’ di più con lei. Le ho raccontato del coinvolgimento di Moretti e del passato oscuro dei Vassallo. Lei ha ascoltato attentamente, senza interrompermi, poi ha detto qualcosa che mi ha colpito profondamente:
“A volte, quelli che cercano il potere si dimenticano delle persone che calpestano. Ma queste persone non dimenticano mai.”
Era come se avesse colto l’essenza del caso in una sola frase. Quando sono tornato al commissariato, ho scoperto che Joel aveva raggiunto Casale e, insieme, avevano finito l’interrogatorio di Moretti. Joel, mi ha fatto cenno di seguirlo in una stanza privata, dove mi ha raccontato tutto. Moretti, messo alle strette dalle prove e dalle circostanze, aveva confessato. Aveva incontrato Bellini la sera del delitto per discutere dei documenti e dei ricatti. La discussione era degenerata, e in un impeto di rabbia, Moretti lo aveva colpito con un oggetto contundente trovato in biblioteca. Non era stata una mossa premeditata, ma dettata dalla paura e dalla frustrazione. Dopo averlo colpito, Moretti aveva lasciato il corpo lì, cercando di far sembrare tutto un incidente.
Con la confessione di Moretti, il caso si è chiuso, ma c’è ancora una questione che mi tormenta: Viola. Ho chiesto a Joel cosa sapesse di lei. La risposta mi ha lasciato a bocca aperta.
“Viola è qui per un motivo che ancora non puoi capire. Fidati di lei, ma preparati a ciò che verrà.”
Non so cosa intendesse, ma so che Viola è entrata nella mia vita in un momento cruciale, e il suo ruolo potrebbe essere importante per il futuro. Che abbia a che fare anche lei con il diario?


5 aprile 2025
Caro diario,
La mattina è iniziata con un incontro cruciale con Casale. Ci siamo ritrovati al commissariato per discutere della pista legata a Lorenzo Caruso e alla sua misteriosa scoperta. Casale, sempre pragmatico, aveva già ordinato che Caruso venisse convocato per un interrogatorio formale, ma mi ha concesso di parlargli prima in privato per raccogliere ulteriori dettagli.
“Se c’è qualcosa che non ci sta dicendo, voglio che tu lo scopra,” mi ha detto, fissandomi con uno sguardo carico di aspettative.
Ho incontrato Caruso nel piccolo ufficio del commissariato. L’uomo sembrava ancora più nervoso di ieri, come se la pressione della situazione stesse iniziando a schiacciarlo. Gli ho chiesto di ripetere ciò che mi aveva raccontato sulla scoperta di Bellini.
“Ho già detto tutto,” ha iniziato, ma il suo tono tradiva un evidente disagio. Ho deciso di incalzarlo, ricordandogli che qualsiasi omissione avrebbe potuto metterlo nei guai. Essendo del mestiere non ha esitato a parlare.
“Bellini aveva trovato dei documenti. Riguardavano una vecchia frode legata ai terreni dei Vassallo. Qualcosa che risaliva a più di vent’anni fa. Non mi ha detto i dettagli, ma sembrava certo che avrebbe potuto usarli come leva per ottenere ciò che voleva.”
La rivelazione era significativa. Se quei documenti esistevano realmente, avrebbero potuto fornire un movente forte per qualcuno legato ai Vassallo, forse persino per Alberto o Riccardo. Ma Caruso non sembrava sapere dove fossero quei documenti ora.
“Li aveva con sé?” gli ho chiesto, ma lui ha scosso la testa.
“Non ne sono sicuro. Ha detto che li avrebbe portati con sé alla biblioteca per esaminarli con calma, ma non li ho visti lì.”
Dopo aver parlato con Caruso, ho deciso di tornare alla biblioteca per cercare indizi. La scena del crimine era stata ormai ripulita, ma speravo che qualcosa fosse stato trascurato. Joel mi aveva preceduto, del resto conosce sempre in anticipo le mie mosse.
Mentre esaminavamo gli scaffali vicino al punto in cui era stato trovato il corpo, ho notato un piccolo scrigno nascosto alla base di una libreria. Era chiuso a chiave, ma con l’aiuto di un agente siamo riusciti ad aprirlo. Dentro c’era una busta di carta marrone, sigillata con un semplice pezzo di nastro adesivo.
Quando ho aperto la busta, ho trovato una serie di fogli ingialliti. Erano contratti e lettere che dettagliavano una compravendita fraudolenta di terreni risalente agli anni ’90. I nomi riportati nei documenti includevano quello di Alberto Vassallo e di un certo Enrico Bellini, probabilmente un parente stretto di Marco. Era chiaro che questi documenti rappresentavano una connessione diretta tra le due famiglie, ma sollevavano anche una nuova domanda: perché Bellini aveva portato questi documenti in biblioteca? Stava pianificando di rivelarli, o li stava usando per un ricatto?
Nel pomeriggio, ho deciso di affrontare direttamente Alberto Vassallo. Gli ho mostrato i documenti, e il suo volto è diventato pallido.
“Dove li hai trovati?” ha chiesto, con un filo di voce. Gli ho spiegato che erano stati rinvenuti vicino alla scena del crimine e che era fondamentale capire il loro significato. Alberto ha sospirato profondamente, poi ha iniziato a parlare.
“Quei documenti sono il nostro segreto più oscuro,” ha detto. “Negli anni ’90, mio fratello ed Enrico Bellini si erano messi d’accordo per una compravendita fittizia. L’idea era di gonfiare il valore dei terreni per ottenere finanziamenti dalle banche. Era tutto legale sulla carta, ma moralmente sbagliato. Quando la verità è venuta a galla, mio fratello ha perso tutto, e la nostra famiglia non si è mai ripresa.”
Gli ho chiesto se Riccardo fosse a conoscenza di questa storia, ma Alberto ha scosso la testa.
“No, abbiamo fatto di tutto per tenergliela nascosta. Per lui, quei terreni sono un simbolo di ciò che resta della nostra eredità. Non avrebbe mai accettato di sapere che erano stati usati per una frode.”
Tornando verso lo studio ho avuto un altro incontro casuale con Viola. Questa volta l’ho trovata al Piccolo Caffè, seduta a un tavolo con un quaderno aperto davanti. Mi sono avvicinato e lei mi ha accolto con un sorriso, ma ho notato che sembrava più seria del solito. Mi ha chiesto come stessero andando le indagini. La sua domanda mi ha sorpreso, ma ho risposto in modo vago.
“È complicato,” le ho detto. Lei ha annuito, poi ha aggiunto:
“A volte, la verità è più semplice di quanto sembri. Basta guardare nei posti giusti.”
Le sue parole mi hanno colpito. Era solo un’osservazione casuale, o sapeva qualcosa che io non sapevo? Ma la cosa che mi ha colpito maggiormente è stato il messaggio che Joel mi aveva lasciato nel diario.
La verità è più semplice di quanto sembri. Basta guardare nei posti giusti.
Come è possibile che abbia usato le stesse parole di Viola?
4 aprile 2025
Caro diario,
La giornata prometteva di essere lunga, ma ero deciso a fare luce sui rapporti tra i Vassallo e Marco Bellini. Mi sono diretto nuovamente alla loro villa, cercando di ottenere più informazioni da Alberto e, se possibile, di parlare ancora con Riccardo. Sentivo che c’era qualcosa di importante che ancora non era emerso.
Quando sono arrivato, Alberto mi ha accolto con una certa riluttanza. Sembrava quasi seccato dalla mia presenza, ma il mio tono deciso lo ha convinto a parlarmi. Mi ha portato nel suo studio.
“Cosa vuole sapere ancora?” ha chiesto, sedendosi dietro una scrivania di legno massiccio. Gli ho spiegato che le informazioni sui terreni e sul rapporto con Bellini erano fondamentali per l’indagine. Alberto ha sospirato profondamente prima di rispondere.
“Bellini era un uomo insistente,” ha detto. “Voleva i nostri terreni a tutti i costi. Li considerava una chiave per il suo progetto, anche se non ha mai voluto rivelare di cosa si trattasse esattamente. Mio nipote Riccardo si opponeva fermamente alla vendita, e io non volevo causare ulteriori tensioni in famiglia.” Il tono di Alberto era sincero, ma percepivo una vena di amarezza nelle sue parole. Quando gli ho chiesto se Riccardo avesse mai avuto scontri diretti con Bellini, ha annuito lentamente.
“Ci sono stati litigi, sì. Ma non credo che Riccardo avrebbe mai fatto qualcosa di così estremo.”
Riccardo sembra essere una figura centrale in questa vicenda, ma qualcosa mi dice che non sia l’unico con un movente. Deciso a ottenere una prospettiva diversa, ho cercato di rintracciare Lorenzo Caruso, l’investigatore privato che Bellini aveva assunto. Grazie a Casale, ho avuto accesso al suo indirizzo, un piccolo appartamento nel centro di Torino.
Quando ho incontrato Caruso, si è mostrato inizialmente reticente. Era un uomo sulla quarantina, con un’aria trasandata e un atteggiamento nervoso. Gli ho spiegato che collaboravo con le forze dell’ordine e che era fondamentale sapere cosa Bellini gli avesse chiesto di investigare. Dopo qualche insistenza, ha ceduto.
“Bellini mi aveva ingaggiato per indagare sui Vassallo,” ha confessato, accendendo una sigaretta con mani tremanti. “Voleva sapere tutto su di loro, in particolare sui problemi finanziari di Alberto e sulle attività di Riccardo. Mi aveva chiesto di trovare qualcosa che potesse costringerli a vendere.”
La rivelazione di Caruso era importante. Se Bellini stava cercando di ricattare i Vassallo, questo avrebbe potuto fornire un movente forte per un conflitto. Ma Caruso non si è fermato lì.
“L’ultima volta che ci siamo parlati, Bellini mi ha detto che aveva trovato qualcosa di grosso,” ha aggiunto, abbassando la voce. “Non mi ha detto cosa, ma sembrava eccitato e preoccupato allo stesso tempo. Gli ho chiesto di cosa si trattasse, ma mi ha detto solo che avrebbe sistemato tutto da solo.”
Nel pomeriggio, ho deciso di confrontarmi di nuovo con Riccardo. L’ho trovato al bar dove l’avevo incontrato il giorno prima, e questa volta non ho lasciato spazio a esitazioni. Gli ho chiesto direttamente del suo rapporto con Bellini e delle tensioni sui terreni. Riccardo ha cercato di sviare le domande.
“Sì, ho minacciato Bellini,” ha ammesso, fissandomi con uno sguardo carico di frustrazione. “Gli ho detto di lasciarci in pace, che non avrebbe mai avuto quei terreni. Ma non l’ho ucciso, se è questo che volete sapere.”
Nonostante la sua confessione, qualcosa nel suo atteggiamento mi ha fatto dubitare. Sembrava sinceramente arrabbiato, ma anche spaventato. Gli ho chiesto se sapesse cosa Bellini avesse scoperto, ma ha scosso la testa.
“Non lo so. Ma qualunque cosa fosse, non riguardava solo me.”
Tornando verso casa, ho incontrato Viola per la terza volta in pochi giorni. Questa volta era davanti a una libreria, intenta a scegliere un libro da una bancarella. Mi sono fermato per salutarla, e lei mi ha accolto con il suo solito sorriso caloroso. Abbiamo parlato di libri e di quanto le piacesse passeggiare per la città. Ogni incontro con lei sembra casuale, ma non posso fare a meno di chiedermi se ci sia qualcosa di più dietro queste coincidenze.
La giornata si è conclusa con un messaggio di Joel nel diario. Mi ha scritto:
La verità è nascosta nelle ombre. Segui ciò che gli altri cercano di nascondere.
Sento che siamo vicini a qualcosa di importante.
Devo concentrarmi su Lorenzo Caruso e sulla scoperta che aveva menzionato.


3 aprile 2025
Caro diario,
La giornata di oggi è stata intensa e ricca di sviluppi, ma ogni passo avanti sembra portare con sé nuove domande. Mi sono alzato presto, deciso a seguire la pista lasciata dalla lettera anonima trovata ieri. Casale mi aveva convocato al commissariato per analizzare meglio il messaggio, e sapevo che ogni dettaglio sarebbe stato cruciale per avvicinarmi alla verità.
Quando sono arrivato, Casale era già immerso nei documenti. La lettera era stata scritta su un tipo di carta pergamenata di alta qualità, il che restringeva il campo delle sue possibili origini.
"Questo non è il tipo di carta che trovi al supermercato," mi ha detto, passandomela con attenzione. "Abbiamo già avviato un’analisi per rintracciare dove potrebbe essere stata acquistata, ma ci vorrà del tempo." Ho osservato le parole stampate sul foglio: “Il tuo passato ti raggiungerà.” C’era qualcosa di profondamente personale in quella frase, un’accusa che sembrava provenire da un rancore sepolto da anni.
Mentre parlavamo, Joel è entrato nella stanza. Come sempre, la sua presenza ha immediatamente attirato l’attenzione. Con il suo tono calmo ma deciso, ci ha informati che Bellini aveva avuto recenti contatti con una famiglia locale, i Vassallo, noti per possedere alcuni dei terreni di Avigliana. Bellini stava cercando di acquisire quei terreni, ma sembrava che le trattative fossero tutt’altro che amichevoli.
“Credo che dovremmo approfondire questa pista,” ha detto Joel, fissandomi con uno sguardo che lasciava poco spazio all’interpretazione. Sapevo che aveva ragione.
In tarda mattinata, mi sono recato dai Vassallo. Mi ha accolto il capofamiglia, Alberto Vassallo, un uomo anziano dal portamento fiero ma con uno sguardo stanco. Quando ho menzionato Bellini, il suo volto si è irrigidito.
“Era un uomo ambizioso,” ha detto con una punta di disprezzo. “Ma la sua ambizione lo ha portato a fare scelte sbagliate.”
Alberto mi ha raccontato che suo nipote, Riccardo, si era opposto fermamente alla vendita dei terreni.
“Per lui, quei terreni rappresentano la nostra storia, la nostra eredità,” ha spiegato. “Ma Marco era determinato a ottenere ciò che voleva, a qualsiasi costo.” C’era una tensione palpabile nelle sue parole, e ho avuto l’impressione che ci fosse di più dietro quella storia. Quando ho chiesto di Riccardo, Alberto ha esitato prima di dirmi che potevo trovarlo in un bar poco lontano.
Ho trovato Riccardo seduto a un tavolo nell’angolo del bar, con una birra mezza piena davanti a sé. Era un uomo giovane, ma l’aria tormentata che lo circondava lo faceva sembrare più vecchio. Quando gli ho chiesto di Bellini, ha reagito immediatamente, quasi con rabbia.
“Non sopportavo quell’uomo,” ha detto, stringendo il pugno. “Era disposto a tutto pur di ottenere ciò che voleva. Ma io non c’entro nulla con la sua morte, se è questo che vuole sapere.”
Nonostante le sue proteste, il suo comportamento mi ha lasciato dubbioso. Sembrava nascondere qualcosa, ma non avevo abbastanza elementi per metterlo alle strette. Prima di andarmene, gli ho chiesto se conoscesse qualcuno che avrebbe potuto voler fare del male a Bellini. Ha esitato, poi ha scosso la testa.
“Non lo so. Ma se lo meritava,” ha detto sottovoce, quasi come se parlasse a se stesso.
Nel pomeriggio, sono tornato alla biblioteca per rivedere la scena del crimine. Volevo osservare ancora il libro con la bilancia, sperando di trovare un dettaglio che mi fosse sfuggito. Mentre ero lì, ho sentito una voce familiare. Mi sono voltato e ho visto Viola. Era tornata, questa volta con un pretesto diverso: cercava un articolo di giornale per la sua ricerca. Non so cosa mi abbia colpito di più, la coincidenza o il modo in cui il suo sorriso sembrava illuminare l’ambiente. Abbiamo parlato per qualche minuto, e anche se la conversazione era leggera, non potevo ignorare la sensazione che i nostri incontri non fossero del tutto casuali.
Quando Viola se n’è andata, Joel, che era arrivato ed era rimasto in disparte, mi ha detto solo una parola:
“Interessante.”
Non ho capito a cosa si riferisse, ma ho deciso di non indagare. Non ancora, almeno.
La giornata si è conclusa con un’altra rivelazione importante. Casale mi ha chiamato per informarmi che era stato trovato un testimone. Un residente della zona aveva visto un’auto sospetta lasciare la biblioteca la sera del delitto. La descrizione della targa era parziale, ma sufficiente per rintracciare il proprietario: Lorenzo Caruso, un investigatore privato. Bellini lo aveva assunto per motivi ancora sconosciuti. Non posso fare a meno di sentirmi intrappolato in una rete di segreti e mezze verità. Ogni persona coinvolta sembra avere qualcosa da nascondere, e ogni indizio sembra portare a nuove domande.
2 aprile 2025
Caro diario,
Mi sono svegliato ancora con la testa piena delle immagini della scena del crimine di ieri. La biblioteca, la bilancia, il volto terrorizzato di Marco Bellini: tutto sembrava gridare che c’era qualcosa di più profondo nascosto sotto la superficie. Casale mi aveva dato appuntamento direttamente alla biblioteca per continuare le indagini, e questa volta si sarebbe unito a noi Joel, per tutti, ma non per me, il commissario capo.
Quando sono arrivato, Joel era già lì, con la sua solita calma che a volte riesce a essere irritante. Era appoggiato ad uno scaffale, osservando attentamente la scena del crimine, come se stesse cercando di leggere una storia invisibile nei dettagli che lo circondavano.
“Giorgio, questo caso non sarà semplice,” ha detto, senza nemmeno guardarmi. “Ma non lo sono mai, vero?” Ho annuito, cercando di nascondere il mio nervosismo.
Joel mi ha mostrato un documento che la scientifica aveva trovato nella valigetta della vittima. Era un contratto, scritto con un linguaggio legale complesso, ma alcune parti erano chiaramente visibili: una compravendita di terreni situati proprio ad Avigliana. C’erano dettagli che suggerivano una trattativa controversa, e non potevo fare a meno di chiedermi chi fossero le altre parti coinvolte. Joel ha indicato una clausola che sembrava particolarmente importante: un pagamento dilazionato che dipendeva dalla costruzione di una struttura non specificata.
“Bellini stava giocando con il fuoco,” ha detto Joel, “e qualcuno deve essersi scottato.”
Mentre cercavamo di collegare i punti, Viola è entrata in biblioteca. Era una coincidenza troppo strana per ignorarla. Era lì per cercare un libro per il suo lavoro di ricerca, o almeno così ha detto. Ho cercato di mantenere la calma, ma non potevo ignorare il fatto che fosse apparsa in due giorni consecutivi nei momenti più inaspettati. Joel l’ha osservata con interesse senza farsi vedere, ma non ha detto nulla. Viola, da parte sua, sembrava tranquilla e si è trattenuta giusto il tempo di salutarmi prima di tornare ai suoi affari.
Dopo che Viola è uscita, Joel mi ha lanciato uno sguardo enigmatico. “La conosci?” ha chiesto, con un tono che indicava già che sapeva la risposta. Ho scrollato le spalle e sono uscito dalla biblioteca.
Nel pomeriggio, ho deciso di fare visita alla famiglia Bellini per raccogliere ulteriori informazioni sulla vittima. La moglie di Marco, Anna, ci ha accolto con occhi stanchi e un’aria di disperazione. La casa era elegante ma fredda, quasi impersonale, come se riflettesse la natura degli affari di Bellini. Anna ha accettato di parlare con me, anche se ogni parola sembrava un peso. Mi ha raccontato che Marco aveva ricevuto diverse minacce nelle settimane precedenti, ma non aveva voluto coinvolgere la polizia.
“Era orgoglioso,” ha detto, stringendo una tazza di tè con le mani tremanti. “Pensava di poter gestire tutto da solo.”
Una delle minacce era arrivata sotto forma di una lettera anonima, che Anna mi ha mostrato. La calligrafia era stampata al computer, e le parole erano semplici ma inquietanti: “Il tuo passato ti raggiungerà.” Ho chiesto ad Anna se sapesse a cosa si riferisse, ma ha scosso la testa.
“Marco non parlava mai del passato. Diceva che era meglio così.”
Ho fotografato la lettera con il mio telefono e l’ho inviata a Casale per farla analizzare. La frase mi ha fatto riflettere a lungo. Quale passato? E chi aveva interesse a vendicarsi di Bellini? Tornato a casa, ho deciso di consultare nuovamente Joel.
Cosa significa questa frase?
Cerca nei segreti che non possono essere detti.
Nel tentativo di dare un senso a tutto questo, ho trascorso il resto del pomeriggio a rileggere le note e gli indizi raccolti finora. Bellini era un uomo che aveva costruito la sua carriera su affari rischiosi e spesso controversi. Era inevitabile che avesse nemici, ma chi tra loro sarebbe arrivato al punto di ucciderlo?
In serata, ho deciso di uscire per una passeggiata. Avevo bisogno di schiarirmi le idee, e il parco in centro sembrava il posto perfetto per farlo. L’aria fresca e il suono delle voci dei bambini mi hanno aiutato a rilassarmi, anche se solo per un momento. Mentre camminavo nel parco, ho incontrato nuovamente Viola. Era lì, seduta su una panchina, con lo sguardo perso nell’orizzonte. Mi sono avvicinato, e il suo sorriso mi ha accolto come una luce in una giornata buia.
Abbiamo parlato per un po’, questa volta di argomenti leggeri. Non ho menzionato il caso, ma la sua presenza mi ha dato una strana sensazione di conforto. Prima di andarmene, mi ha detto qualcosa che mi ha colpito:
“A volte, la verità è più vicina di quanto pensiamo, ma dobbiamo avere il coraggio di guardarla in faccia.”
Le sue parole hanno risuonato dentro di me mentre tornavo a casa. Forse ha ragione. Forse sto cercando troppo lontano, quando la risposta è proprio davanti a me.


Primo aprile 2025
Caro diario,
Casale mi ha chiamato di prima mattina. La sua voce, al telefono, era più grave del solito: un uomo è stato trovato morto nella biblioteca de "La Fabrica". Non sono uno che si tira indietro davanti a un mistero, ma sento già il peso di questa nuova indagine. Mi ha detto che la scena del crimine è particolarmente inquietante, e la sua esitazione nel descrivere i dettagli mi ha messo immediatamente sull’attenti. Non mi ha dato molte informazioni, solo l’essenziale: il nome della vittima e l’indirizzo.
“De Giorgi, abbiamo bisogno del suo intervento.”
Mi sono precipitato sul posto. La biblioteca, di solito un luogo di tranquillità e cultura, era circondata da auto dei carabinieri e nastro giallo. L’aria fredda del mattino era densa di tensione, e il rumore degli operatori della scientifica si mescolava al brusio dei curiosi che si erano radunati all’esterno. Casale mi ha accolto con un cenno, abbandonando per la prima volta il "lei" che usava con me da mesi. "Giorgio, è un casino. Vieni, ti mostro."
All'interno della biblioteca, il corpo di un uomo giaceva immobile tra gli scaffali, con libri sparsi tutt’intorno, come se fossero caduti in un momento di caos. Indossava un completo elegante, e al suo fianco c’era una valigetta aperta. La scena sembrava costruita, come se l’assassino avesse voluto lasciare un messaggio.
Casale mi ha spiegato che l'uomo si chiamava Marco Bellini, un imprenditore locale conosciuto per i suoi affari controversi.
"Non ci sono segni di effrazione o di lotta evidente," ha detto, con una mano che sfiorava nervosamente il mento. "Ma guarda il suo volto."
Mi sono avvicinato al corpo: l’espressione di puro terrore sul volto della vittima era qualcosa che non dimenticherò facilmente. Sembrava che avesse visto qualcosa di terribile negli ultimi istanti della sua vita.
Mentre osservavo la scena, il mio sguardo si è posato su un dettaglio curioso: un libro aperto accanto al corpo. La pagina mostrava un’illustrazione di un’antica bilancia. Non potevo ignorare il simbolismo. Mi sono chinato per osservarlo meglio, cercando di non contaminare la scena del crimine. Il libro sembrava essere stato scelto deliberatamente, forse dall’assassino stesso.
Mi sono appartato e ho scritto a Joel.
Cosa rappresenta questa bilancia?
La risposta è arrivata in un istante.
Giustizia. O vendetta.
Diciamo che questa risposta non mi ha aiutato molto. Casale, mi ha chiamato nuovamente e ha continuato a darmi informazioni sulla vittima. Bellini era noto per le sue operazioni immobiliari, spesso al limite della legalità. Alcuni lo consideravano un visionario, altri un uomo senza scrupoli.
“Non si è fatto molti amici, te lo posso garantire,” ha detto Casale, con un mezzo sorriso amaro.
Nel pomeriggio, dopo aver lasciato la biblioteca, ho deciso di fare una passeggiata lungo il lago per riflettere sugli indizi. Era una giornata limpida, e il sole primaverile illuminava le acque calme. Mi sono fermato in un piccolo bar per prendere un caffè, ed è lì che ho incontrato Viola. Era seduta a un tavolo all’aperto, intenta a leggere un libro. Rivederla mi ha sollevato il morale in un modo che non riesco a spiegare.
Ci siamo scambiati qualche parola. Mi ha chiesto come andavano le cose, e io, cercando di non tradire il peso dell’indagine, ho risposto con leggerezza. “Tutto bene, solo un po’ di lavoro,” le ho detto. Il suo sorriso mi ha dato una strana sensazione di pace. Non ho menzionato il caso, ma mi sono ritrovato a pensare a lei per tutto il resto della giornata. Mi chiedo se il destino stia cercando di dirmi qualcosa con questi incontri casuali.
Rientrato a casa, ho deciso di consultare nuovamente Joel. Ho scritto sul diario per riassumere i dettagli della giornata e chiedergli un consiglio. La sua risposta è stata criptica, come sempre.
Segui i simboli, Giorgio. Ti condurranno alla verità.
Non riesco a togliermi dalla mente il simbolo della bilancia. È solo una coincidenza, o l’assassino sta cercando di comunicare qualcosa? Domani tornerò alla biblioteca per esaminare meglio la scena del crimine. Spero che Joel decida di farsi vedere. Questo caso promette di essere complicato, ma non posso permettermi distrazioni. La verità deve venire a galla.